Sbugiardati i faziosi Il resto è demagogia

In queste ore sono tante le toghe, Ingroia e Caselli in testa, che si lasciano andare alla be­stemmia: sostengono che Falcone e Borsellino si rivoltano nella tomba per la sentenza Dell'Utri

Sbugiardati i faziosi Il resto è demagogia

Non nominare il nome di Falcone (e Borsel­lino) invano. Dovrebbe essere questo il primo comandamento di un magistrato. Ma sono in tante le toghe, Ingroia e Caselli in testa, che in queste ore si lasciano andare alla be­stemmia, quella di sostenere che i due pm eroi si stan­no rivoltando nella tomba per la sentenza Dell'Utri. Trascinare Falcone e Borsellino nella più cocente figu­r­a di palta della giustizia italiana è operazione squalli­da e anche un po’ vigliacca, perché come noto i morti non possono smentire. Fino a ieri proprio questi signo­ri pontificavano che le sentenze si accettano e non si discutono. Da oggi non più. Le sentenze, quelle che non piacciono, si possono massacrare e si può chiede­re pure di radiare i giudici per loro scomodi, come ha di fatto chiesto ieri Caselli in una intervista a La Repub­blica. Una reazione violenta e isterica di chi si sentiva onnipotente e scopre invece di essere messo dai colle­ghi giudicanti, forse per la prima volta, sulla stesso pia­no della difesa, quindi fallibile, come prevede la Costi­tuzione.

Borsellino e Falcone erano l'opposto di quelli che stanno usurpando il titolo di loro successori. Si occu­pavano di combattere la mafia ma il loro rigore nel va­lutare gli intrecci con la politica era assoluto, nono­stante proprio in quegli anni le infiltrazioni fossero più che evidenti. Misero in guardia dai pentiti a scop­pio ritardato, non esitarono ad arrestarne alcuni pale­semente inaffidabili. Gente come quel mascalzone di Ciancimino junior con loro non avrebbe avuto neppu­­re l’onore di un interrogatorio. Sul reato di associazio­ne­esterna alla mafia misero in guardia il legislatore intuendone con profetica lungimiranza l’uso distorto che mafiosi e pm d’assalto avrebbero potuto farne. Non credo di esagerare sostenendo che con Falcone l'inchiesta dell'Utri non avrebbe superato la fase istrut­toria.

Ingroia e Caselli mi sembrano come quei cattopoli­ti­ci di oggi che si appellano a De Gasperi dopo aver tra­dito ideali a destra e a manca in cambio di onori e pol­trone.

Un pm (il pg di Cassazione) pure di sinistra e un collegio giudicante (la Cassazione) hanno giustamente sbugiardato un'inchiesta faziosa che si basava su un teorema politico: Dell'Utri uguale mafia per cui Berlusconi uguale mafia. Non era vero. Tutto qui. Il re­sto sono solo faide interne alla magistratura che con­fermano l'urgenza di riformare un sistema ormai fuo­ri controllo.

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