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Lo scandalo alla Sea: l'indagato torna al lavoro

MilanoOrologi, profumi, macchine fotografiche, foulard, videocamere digitali, penne di marca. E addirittura uno snowboard. Nell'agosto 2002 finalmente all'aeroporto di Malpensa si scoprì la ragione delle denunce per furto che da parecchio tempo «piovevano» a decine e decine sullo scalo da parte di passeggeri che avevano transitato lì. E, una volta arrivati a destinazione, si erano accorti che dai loro bagagli mancavano degli oggetti di valore. Una refurtiva da 25mila euro per un'indagine, dal nome quanto mai opportuno Open bag (borsa aperta) durata due anni. Una vera bufera quando, grazie ai filmati delle telecamere e ai microfoni nascosti nella zona dello smistamento bagagli, gli uomini della Polaria e la Procura di Busto Arsizio (Varese) scoprirono gli addetti che, prima di caricare le valigie dei turisti sul tapis roulant per farli transitare da un aereo all'altro, frugavano all'interno (anche in quelli coperti dal cellophane) per arraffare la merce più appetibile. Materiale che poi veniva nascosto negli spogliatoi e, da lì, subito rivenduto a colleghi e conoscenti interessati oppure portato a casa: lo snowboard, infilato in un armadietto, venne lanciato proprio da una finestra dello spogliatoio. All'esterno dell'hub lo aspettava un automobilista poi partito a tutta velocità.
Ben 37 dipendenti della Sea handling - la società che gestisce lo smistamento di bagagli e persone a Malpensa - tutti tra i 22 e i 45 anni, vennero denunciati (uno solo finì in manette) con l'accusa di furto aggravato e ricettazione; di questi 34 vennero licenziati prima del processo penale e, alla fine, si arrivò a 18 rinvii a giudizio.
Proprio uno di questi operai rinviati a giudizio e licenziato da Sea nell'agosto 2003, sorprendentemente nell'aprile 2008 venne reintegrato al lavoro. F. D. A. (queste le iniziali del suo nome, ndr) insieme ad altri due colleghi coinvolti nella brutta vicenda, aveva impugnato il provvedimento, ma solo a lui il giudice del lavoro Francesca La Russa aveva dato ragione: il suo licenziamento era da considerarsi illegittimo. Secondo le motivazioni della sentenza Sea non aveva infatti «indicato gli oggetti del furto contestato e le eventuali denunce dei passeggeri riferite al giorno di cui alla contestazione».
La polizia di frontiera della scalo, però, ritenne che il lavoratore, nonostante la causa vinta, non possedesse «i necessari requisiti di affidabilità ai fini della sicurezza aeroportuale per il rilascio del permesso di accesso alle aree sterili dell'aereoporto». Quindi l'operaio non poteva più smistare i bagagli dei passeggeri. Di conseguenza, però, restava sì in carico all'azienda, ma senza stipendio perché non poteva lavorare.
Sea, all'epoca, non commentò il provvedimento, limitandosi a sottolineare che il licenziamento per giusta causa era avvenuto non perché F.D.A. fosse o meno un ladro ma perché si era rotto un rapporto di fiducia: un dipendente che mette le mani nei bagagli, anche se lo fa solo per curiosità e non ruba nulla, non è più degno di fiducia visto che le valigie non devono mai essere aperte.

Per nessuna ragione.

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