SCENARI POLITICI

RomaABC, ultimo atto. La strana maggioranza capitanata dai tre leader, Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini, sente l'odore del voto. E inizia a marciare in direzioni diverse e decisamente poco compatibili.
L'istantanea del cortocirtuito in corso viene scattata durante l'assemblea di Confartigianato. Durante la tavola rotonda i tre leader si esercitano sulle prospettive post-2013 di un eventuale nuovo governo Monti. E invece di fare melina e trincerarsi in formule diplomatiche, due di loro si lanciano in giudizi il più possibile definitivi. «Non voglio neppure immaginare a novembre 2013 la stessa maggioranza di adesso», dice il segretario del Pdl. «Non ci scommetterei nemmeno un centesimo. Le nostre posizioni sono estremamente differenti ed entrambi siamo contenti delle nostre diversità perché costituiscono le basi per i nostri ideali e il nostro programma. L'esperienza Monti ha il carattere dell'eccezionalità». «Risparmio anche quel centesimo», aggiunge di rimando il segretario del Pd, Bersani. A quel punto, con aria sorniona, si inserisce Pier Ferdinando Casini: «Mai dire mai». «Invito tutti alla cautela - aggiunge - io certamente penso che non ci sarà un governo sostenuto assieme da Berlusconi e da Bersani. Ma cercherei di lasciare qualche margine alla provvidenza, che a volte opera».
Se la maggioranza scricchiola e spira aria di pre-crisi sta invece per muovere i primi passi il cantiere della lista Monti. Il via è previsto per domani con una prima convention con Luca Cordero di Montezemolo, Andrea Riccardi, Raffaele Bonanni, le Acli di Andrea Olivero, e varie associazioni cattoliche. Ma se il Professore può trovare motivo di consolazione in questa potenziale lista di suoi aficionados, dovrà però guardarsi dalle turbolenze sull'election day. Il Pdl, dopo la decisione del Viminale di fissare per il 10 e 11 febbraio le elezioni in Lombardia, Lazio e Molise, non intende indietreggiare. L'incidente, assicura il segretario, non assumerà la forma di un improvviso mal di pancia sulla legge di stabilità - «è fatta nell'interesse dell'Italia, il nostro voto non è in dubbio», sottolinea - ma tutto rimarrà fermo in attesa del Consiglio dei ministri di quest'oggi. Che il clima sia teso, è dimostrato dal fatto che il segretario del Pdl decide in un primo momento di non partecipare alla tavola rotonda. Poi ci ripensa. E in serata arriva anche una lunga telefonata chiarificatrice tra il premier e il segretario Pdl.
«Sulla crisi di governo molto dipende da Bersani - sottolinea - se insiste a imporre una tassa da 100 di milioni di euro. Non andremo appresso a un capriccio. È una follia votare 25 o 27 giorni prima della presentazione delle liste per le Politiche. Speriamo che il governo stoppi la tassa che il Pd intende mettere sugli italiani». E se Bersani ribadisce che «leggi alla mano le Regioni devono andare a votare», a tentare una mediazione è il presidente del Senato Renato Schifani: «Sono fiducioso che si possa trovare una soluzione che accontenti tutti». Alla possibilità di un voto anticipato, però, apre anche il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini: «Al di là della disputa sulla data delle elezioni, se si sfasano le Regionali e le Politiche abbiamo 5 mesi di campagna elettorale con la paralisi dell'azione di governo.

Trovare un'intesa sulla legge elettorale e andare subito al voto è un vantaggio per tutti». La palla, adesso, passa al governo. Tocca a Monti e ai suoi ministri la responsabilità di decidere se procedere a una retromarcia sulla data del voto o rischiare di salutare Palazzo Chigi entro Natale.

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