Schettino ai superstiti: «Vi ho salvati io»

Francesco Schettino è stato sconfitto anche ieri in aula alla seconda udienza del processo per il naufragio della Costa Concordia. L'ex comandante della nave ammiraglia della Costa Crociere ha dovuto incassare per il secondo giorno consecutivo il «no» del gip Valeria Montesarchio che ha rigettato la richiesta di estensione dell'incidente probatorio al timoniere indonesiano che capì male un ordine di Schettino virando dalla parte sbagliata. È stato l'avvocato Bruno Leporatti, legale dell'imputato per il disastro avvenuto davanti all'isola del Giglio la notte del 13 gennaio di quest'anno, che ha presentato istanza anche ieri, dopo il primo tentativo fallito il giorno precedente al momento delle questioni preliminari. Ma, mentre l'udienza era in corso al Teatro Moderno di Grosseto, trapelava la notizia che sciacalli avrebbero saccheggiato la Concordia ma dalla procura è arrivata la smentita del Procuratore Verusio che ha negato l'apertura di un fascicolo. Invece, ladri palombari disposti a rischiare seriamente la loro vita, sarebbero entrati in azione per appropriarsi di un vero e proprio tesoro, custodito nella zona sommersa del transatlantico. Gioielli esposti nei negozi, quadri, orologi da muro, addirittura la campana situata sul ponte della nave. Su questa incredibile vicenda di sciacallaggio la Procura di Grosseto ha aperto una inchiesta. I carabinieri, cui è stata affidata l'indagine avrebbero scoperto che i visitatori notturni del relitto avrebbero anche spostato le leve dei comandi della nave situate sulla plancia nella cabina del comandante. Tornando al doppio «no» alla richiesta della difesa dell'imputato di incidente probatorio, il gip lo ha motivato – come già aveva fatto il giorno precedente – sostenendo che il timoniere non risulta indagato. Minuti agghiaccianti, quando, nel corso dell'udienza il gip Montesarchio ha portato in aula la perizia su alcune telefonate intercorse tra Schettino e la Capitaneria di Porto di Livorno. Alle ore 22,25, la Capitaneria di Porto chiama in plancia per informarsi sulla situazione. Schettino spiega: «Stiamo valutando una via d'acqua; abbiamo una falla, vi chiediamo in assistenza che ci tira su». Una voce non identificata, aggiunge: «tutti i passeggeri hanno indossato i giubbotti di salvataggio; nessun ferito, falla non è ancora identificabile, falla squarcio lato sinistro». Sei minuti più tardi è Schettino a chiamare le Capitanerie: «Stiamo imbarcando acqua; tanto è calma. E poi Dio ci pensi, non abbiamo problemi, dobbiamo solo mettere i passeggeri a mare, se ci mandate dei mezzi per cortesia...con molta velocità». Schettino ha dovuto incassare dopo il «no» del gip Montesarchio anche la testimonianza tutta in negativo dell'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone che presiede il collegio dei periti del giudice delle indagini preliminari. Cavo Dragone, infatti ha spiegato in aula che durante il passaggio di consegne in plancia tra il vice comandante Ciro Ambrosio e Schettino, quando la Concordia era giunta a poche miglia del Giglio che tra i due non vi fu alcuno scambio di informazioni. Per l'ammiraglio, invece, ciò sarebbe stato doveroso, in base alle regole marittime. Nove mesi e tre giorni dopo la strage del Giglio schettino è tornato in aula ma alcuni suoi gesti sono sembrati inopportuni e beffardi. Ha salutato con la mano i cameramen che lo stavano aspettando.

Poi si è rivolto a due turisti tedeschi scampati al naufragio e gli ha detto, «Non dovete avercela con me, perché io, con la mia manovra, ho salvato la vita a voi e a tantissimi passeggeri». Chissà, forse San Francesco da Meta di Sorrento si aspetta per Natale doni e dolciumi da tutti gli scampati al massacro del Giglio.

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