Il bianco e il nero

"Schlein è la novita". "No è la 'sinistra woke' delle Ztl"

L'onda Elly Schlein si abbatte sul Pd. Ecco l'opinione dei politologi Piero Ignazi e Luigi Di Gregorio

"Schlein è la novita". "No è la 'sinistra woke' delle Ztl"

L'onda Elly Schlein si abbatte sul Pd. Per la rubrica Il bianco e il nero ne abbiamo parlato con Piero Ignazi, docente di scienze politiche e sociali all'Università di Bologna, e Luigi Di Gregorio, docente di Scienza Politica presso l'Università della Tuscia di Viterbo.

Come e perché Elly Schlein è riuscita a vincere?

Di Gregorio: “Sintetizzerei così: perché è la novità, perché è donna e perché esprime un profilo del partito più chiaro rispetto a Bonaccini. Tre cose che funzionano, sommandosi l’una con l’altra. La voglia di novità è sempre presente negli elettori, specie in quelli delusi e disorientati. L’idea di avere finalmente anche un segretario donna e giovane aiuta. E un profilo del partito netto serve a dare un segno distintivo e identitario all’offerta politica. E dunque è più probabile che più elettori vi si riconoscano, rispetto a un’offerta meno marcata. Aiuta in termini di notorietà, riconoscibilità e identità”.

Ignazi: “Ha vinto perché, per molti, ha rappresentato un rinnovamento profondo e un’impronta più radicale su tanti temi”.

Come sarà il nuovo pd e dove lo porterà la Schlein?

Di Gregorio: “Questo lo vedremo. Personalmente ritengo che quella stessa piattaforma valoriale e programmatica che l’ha fatta vincere ieri possa essere un bel problema per il Pd. La sinistra liberal e global di cui parla Luca Ricolfi nel suo ultimo libro (“La mutazione”) è in difficoltà un po’ ovunque in Occidente ed è perfettamente in linea con le priorità di Elly Schlein: una sinistra woke, ossessionata dal politicamente corretto, che punta tutto sui diritti civili e ha perso per strada i diritti sociali. Non a caso, un po’ ovunque, è in grado di vincere solo nei centri delle grandi città, da cui la formula del partito ZTL. Se Schlein vuole provare a riconquistare i voti delle periferie e delle province deve, a mio avviso, ibridare non poco questo tipo di offerta”.

Ignazi: “Il Pd, dopo questa lunga fase congressuale, sarà un partito rivitalizzato e farà un’opposizione molto pugnace. Si caratterizzerà come il partito cardine a quello opposto al governo”.

È la vittoria del nuovo oppure della "ditta", dato che la Schlein era sostenuta da gran parte dell'apparato del PD?

Di Gregorio: “È la vittoria del nuovo perché lei non era neanche iscritta al partito prima delle primarie e perché il voto dei non iscritti ha di fatto ribaltato quello degli iscritti. Ma è anche la vittoria di quella porzione di apparato che ha 'fiutato il vento' e che ha ancora una specie di conto aperto con Renzi e l’era renziana. Esattamente il momento in cui Elly Schlein abbandonò il Pd”.

Ignazi: “Credo che 1,3 milioni di elettori abbiano votato soprattutto per come lei si presenta e non pensando alle alchimie delle correnti che interessano pochissime persone. Il grande pubblico, quello che si presenta in queste occasioni, guarda ad altri aspetti. Guarda alla proposta di una giovane che non era poi così alternativa e distante da Bonaccini però la Schlein è sembrata più dinamica”.

Il fatto che una donna come la Meloni sia a Palazzo Chigi ha favorito la vittoria della Schlein?

Di Gregorio: “In qualche modo si. Finché Meloni era segretaria di un partito minore, evidentemente la sua 'anomalia virtuosa' non è riuscita a generare un effetto domino. Oggi che è Presidente del consiglio e guida il primo partito italiano verosimilmente è riuscita a dare una bella spallata al cosiddetto 'soffitto di cristallo'”.

Ignazi: “Difficile da sostenere. Può essere una componente, ma il problema del ruolo delle donne in politica è di lungo periodo. Non l’abbiamo scoperto, di certo, con la Meloni”.

Lei prevede una scissione nel PD?

De Gregorio: “Se diamo un peso al concession speech di Bonaccini, nel momento in cui riconosce la vittoria di Schlein, non dovrebbe esserci alcuna scissione. Però quest’ultima non dipende tanto da chi ha perso quanto da chi ha vinto. Il Pd è ancora un partito simil-novecentesco, in cui contano le correnti, i gruppi di potere, i territori e molto meno il leader (eccezion fatta per la parentesi renziana). Queste caratteristiche lo rendono più solido di altri partiti in termini elettorali – ha uno zoccolo duro maggiore e più resistente proprio perché non oscilla in base alla popolarità del leader – ma anche più ancorato a certe percentuali – i leader popolari sono spesso la prima ragione per cui si sceglie un partito. Dunque, se ci sarà una scissione o meno, dipenderà dal tipo di gestione del partito da parte della nuova segreteria e da quanto Schlein potrà essere o meno un valore aggiunto in termini di consenso”.

Ignazi: “Penso di no perché Bonaccini si è sempre dimostrata una persona leale.

Ci sarà l’uscita di qualche persona che evidentemente riteneva che il Pd dovesse rimanere un partito moderato”.

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