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Scioperi e caos, il Garante apre un'inchiesta

Milano«Quanto successo martedì è del tutto inaccettabile, in termini di civile convivenza». Passeggeri che forzano le serrande della metropolitana che si stanno abbassando per lo sciopero, business men in giacca e cravatta che strisciano sul pavimento pur di passare. Obiettivo: correre sulla banchina nella vana speranza di saltare sull'ultimo treno prima che scatti la serrata. Succede a Milano, ore 9 del mattino. Il copyright della frase è di Roberto Alesse, presidente dell'Autorità di garanzia sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali che ha avviato un'indagine conoscitiva per verificare se nel corso dello sciopero nazionale del trasporto pubblico locale di martedì siano state garantite, nelle principali aree metropolitane, le prestazioni minime indispensabili. «La legge 146 del 1990 - scrive Alesse in una nota - e la regolamentazione di settore sono estremamente chiare e rigorose, tuttavia, le moltissime segnalazioni giunte all'Autorità indicano, soprattutto nelle grandi città, il mancato rispetto del servizio nelle fasce protette, fatto che, se accertato, obbligherebbe l'autorità ad applicare le sanzioni pecuniarie previste dalla legge».
Così se il sindaco Giuliano Pisapia non ha speso una parola per tutta la giornata di martedì, a 24 ore dall'accaduto, quando tutta la sua maggioranza invoca a gran voce parole di scuse verso la cittadinanza, si limita a dissertare «sulla convivenza spesso difficile ma necessaria tra diritti dei lavoratori e diritti degli utenti (...): Cio che è certo - scrive - è che la fascia di garanzia stabilita in precedenza per la nostra città è sempre più inadeguata e non rappresentativa delle reali esigenze di mobilità dei lavoratori». Solo a Milano, infatti, è accaduto che migliaia di passeggeri rimasti intrappolati sotto terra - chi in galleria, chi nelle banchine - per circa un'ora mezza per un treno rimasto bloccato con le porte aperte alla fermata di Lima, sia stata sgomberata dalla polizia perché «si rifiutava di scendere dai treni». «Il concatenarsi di eventi straordinari in un quarto d'ora è stata certamente una iella grossa - il commento di Bruno Rota, presidente di Atm su quanto accaduto -. La gente non credeva alle spiegazioni che venivano date dal personale, pensava che lo sciopero fosse iniziato in anticipo e, temendo di non riuscire a arrivare a destinazione, si rifiutava di scendere». Così se il presidente Rota ammette qualche errore di comunicazione ai passeggeri «anche se c'erano altre priorità» ribadisce la necessità di ricorrere alle forze dell'ordine per gestire una situazione diventata di ordine pubblico. «Impossibile precettare il personale a pochi minuti dall'inizio dello sciopero nazionale - spiega ancora - che è un diritto costituzionale, non si possono cambiare così gli orari della serrata».
Alla fine scuse poco convinte e a denti stretti arrivano dal numero uno della società dei trasporti milanesi, che ha voluto specificare che «i cittadini hanno subito un grave disagio non per colpa dell'azienda, anche se mi associo alle scuse». Scuse cavate con le pinze dalla bocca dell'assessore alla Mobilità Pierfrancesco Maran a oltre 24 ore dal delirio e su richiesta insistente della maggioranza. Così il presidente della commissione comunale Mobilità Carlo Monguzzi (Pd) e il presidente del consiglio Basilio Rizzo (Federazione della sinistra) invocano a gran voce il «perdono» ufficiale. «Dobbiamo scusarci con la città tutti insieme» sostiene Rizzo, perché lo chiede «l'etica della responsabilità».

Così per Monguzzi «siamo chiamati a un'assunzione di responsabilità: governiamo noi e dobbiamo chiedere scusa ai cittadini indipendentemente dalle cause accertate. La gente è inferocita e in questo momento noi dobbiamo scusarci». Ma le scuse non sono arrivate, per lo meno dal primo cittadino arancione. Diventato rosso per la vergogna.

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