Lo sconcerto di Berlusconi: pacificazione impossibile

Il Cav dopo lo strappo di Grasso: "Come si possono creare le condizioni per la concordia in questo clima?"

Lo sconcerto di Berlusconi: pacificazione impossibile

Berlusconi è sconcertato. La decisione del presidente del Senato Grasso che ribalta il parere dell'Ufficio di presidenza è solo l'ultimo schiaffo al Cavaliere. «Ma come si fa a creare le condizioni per la pacificazione nazionale quando succedono queste cose?», è lo sfogo dell'ex premier. Che, se qualche giorno fa si era detto pentito di aver votato per Napolitano al Colle, non può far altro che pensare la stessa cosa di Grasso, al vertice di palazzo Madama con i voti berlusconiani.

Una brutta notizia per il Cavaliere, tornato a Roma per ributtarsi nelle questioni di partito. Capitolo che non lo scalda molto. È consapevole che ogni sua decisione in merito rischia di provocare malumori. Il nodo è quello degli organigrammi con la nomina dell'ufficio di presidenza che, si sa, è una coperta troppo corta.

Sulla carta fanno parte dell'organismo dai 36 ai 40 esponenti di Forza Italia: i capigruppo di Camera, Senato e Parlamento europeo con i loro vice; gli ex ministri dei governi Berlusconi; i responsabili nazionali dei vari dipartimenti; più qualche altro innesto. Il Cavaliere vorrebbe accontentare tutti ma sa che non può. Ecco perché, fino ad oggi, ha nicchiato sul tema nomine. Chiede consigli e sente i due capigruppo di Camera e Senato, Renato Brunetta e Paolo Romani. Poi, di sera, un summit con Denis Verdini e altri big di partito.

Più che i ruoli in Forza Italia il Cavaliere ha testa e cuore sui club, fucina di gente fresca da affiancare a Fi. «I club saranno meno “ingessati” del partito e faranno da cinghia di trasmissione tra la società civile e il movimento», ripete da settimane. I club Forza Silvio devono «fare da calamita. Devono avvicinare la politica al territorio e ai cittadini perché la percentuale di astensionismo alle ultime elezioni è sintomatica della disaffezione degli italiani nei confronti di una politica che non ha nulla a che vedere con l'idea dell'impegno per il bene del Paese - dice - e anche adesso la percentuale di chi non sa o non vuole più votare è troppo alta». L'obiettivo è quello di raggiungere 12mila club in modo da coprire tutto il territorio nazionale e convincere 24 milioni di italiani che non sanno ancora o non vogliono più votare.

Tuttavia il Cavaliere è solo parzialmente soddisfatto del lavoro svolto. Vorrebbe più entusiasmo ma soprattutto gradirebbe scovare elementi di livello intellettuale e carismatico più elevati rispetto a quanto è stato trovato fino adesso. Berlusconi chiede di non smettere di lavorare perché «dobbiamo tenerci pronti». Anche se le urne non sono all'orizzonte, il Cavaliere sa che Letta è più che mai impantanato. «E quanto può andare avanti così?», si domanda e domanda agli azzurri che hanno modo di sentirlo.

E poi c'è il tema delle alleanze. Il Cavaliere vorrebbe unire tutti i moderati sotto il suo ombrello e il riavvicinamento di Casini non può che fargli piacere. Il leader Udc, quando ne parla, parla di matrimonio di interesse; di realpolitik: «La legge elettorale voluta da Renzi e Berlusconi impone che ci siano un'area che fa capo al partito socialista europeo e un'area popolare. Definirmi figliol prodigo o vitello grasso sono sciocchezze che dite voi», replica ai cronisti che lo incalzano.

E ancora: «È l'Italicum che impone non di andare con Berlusconi ma di

realizzare in Italia una forza imperniata sul Ppe e una sul Pse». E poi, sul Cavaliere, riflette: «Berlusconi è stato l'interlocutore privilegiato di Renzi per le riforme e se ci parla lui perché non posso parlarci anch'io?».

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