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Scontro sulla legge elettorale la sinistra minaccia il governo

Le divisioni nel Pd sulla riforma rischiano di far saltare gli equilibri. Lite fra i capigruppo Speranza e Brunetta, poi il Porcellum finisce in fondo all'agenda

Scontro sulla legge elettorale la sinistra minaccia il governo

Una polizza che va sotto il nome altisonante di «riforme istituzionali», con un percorso di diciotto mesi che traghetterebbe il gabinetto Letta-Alfano dritto dritto alla fine del 2014. Solo che per ottenerla occorre togliere dal tavolo la variabile che può terremotare gli equilibri di maggioranza, ossia la legge elettorale. I ministri Franceschini e Quagliariello si sono assunti il compito di disinnescare la mina, e il compromesso raggiunto nella strana maggioranza è che nella mozione Pd-Pdl-Sc sulle riforme, che dovrebbe essere votata oggi alla Camera, la locuzione «legge elettorale» è sparita d'incanto.

Solo che dall'interno del Pd è partita una controffensiva che rischia di spaccare il partito, e di creare nell'aula di Montecitorio una maggioranza alternativa a quella con il Pdl, con conseguenze destabilizzanti per il governo. Il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti, instancabile nella sua guerra al Porcellum, ha raccolto 100 firme su una mozione che ne chiede l'abrogazione e il ritorno ai collegi uninominali del Mattarellum. Firme in gran parte Pd (renziani, veltroniani, prodiani ma anche Alessandra Moretti, Pippo Civati, Marianna Madia), e poi quasi tutta Sel col capogruppo Migliore in testa, diversi di Scelta civica, Antonio Martino del Pdl. E ieri sera nel Pd si è scatenato il panico, e sono partite telefonate a raffica per convincere i sottoscrittori a tirarsi indietro, in nome della «stabilità»: «Anche a me il Porcellum non piace, ma così rischia di saltare il governo», ha spiegato un preoccupato Guglielmo Epifani ad alcuni dei firmatari. Poi il segretario è andato al Tg3 della sera, a dire che «l'orientamento maggioritario del Pd è di fare una scelta diversa dal Porcellum, ma sulla legge elettorale non c'è accordo», e dunque la pratica va accantonata.

Con loquacità e insistenza sospetta, dal Pd (e specularmente dal Pdl) si è fatta ieri trapelare già all'ora di pranzo la notizia di un epico scontro tra i capigruppo Roberto Speranza e Renato Brunetta sulla legge elettorale. «Noi non accetteremo mai modifiche minimali al Porcellum», l'ultimatum gridato dal presidente dei deputati Pd secondo il suo staff. «Niente colpi di mano sulla riforma elettorale», l'avvertimento di Brunetta. Un resoconto che sa un po' di gioco delle parti, per far vedere che il Pd ha combattuto fino all'ultimo contro il Porcellum, poi purtroppo si è dovuto arrendere. Risultato: la legge elettorale scivola fuori dalla mozione di maggioranza e in fondo all'agenda delle riforme, e il governo deve rimangiarsi quell'intesa su una riforma minimal del Porcellum siglata a Spineto. Giachetti però non demorde: la mozione oggi ci sarà, e in quel voto si riverseranno anche molti mal di pancia interni al Pd. «D'altronde il Pd aveva preso un impegno con gli elettori: mai più Porcellum, e ora deve onorarlo», ricorda il renziano Angelo Rughetti.

«La legge elettorale è la prima sfida cui dare soluzione, non l'ultima».

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