Fra le altre cose, nella prima pagina del suo libro Roberta Schira promette che insegnerà a capire se chi ci ha invitato a cena sia l'anima gemella e a smascherare un bugiardo mangiando una carbonara. L'aspetto più interessante è che le due circostanze possano coincidere, visto che - è proprio la tesi del suo libro, Il nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri (Salani editore) - è di fronte a un piatto e a un bicchiere che l'uomo (e la donna) si rivelano irresistibilmente, si lasciano andare loro malgrado, perfino i più rigidi e controllati abbassano le difese: perché appunto la tavola crea una atmosfera intima e familiare, resuscita l'istinto e lo apparecchia davanti ai commensali. È una specie di maieutica, solo che non servono nemmeno troppe domande: la natura e la sovrastruttura si mostrano spontaneamente, senza che si possa frenarle. E perciò conoscere lo «psicogalateo», cioè che cosa dicono di noi i nostri gesti, le nostre parole, i nostri movimenti non è solo utile a decodificare gli altri: serve anche a tentare di salvaguardare noi stessi (fra le altre promesse del libro c'è anche quella di evitare situazioni imbarazzanti con la futura suocera, infatti).
Basta osservare come uno tiene la forchetta o il coltello (se uno la impugna o addirittura la brandisce, certo mostra aggressività e desiderio di dominio); quanto sta curvo sul piatto, un indicatore quasi infallibile dell'educazione e dell'estrazione sociale; se conosce e rispetta le regole del galateo; se tiene il cellulare sul tavolo, o peggio smanetta sotto la tovaglia (maleducazione certa); se sgomita. Basta ascoltare bocconi di parole (per chi volesse organizzare una cena da manuale, il libro elenca anche i «conversatori killer», dalla neomamma fissata al tuttologo, cioè quelli che ammazzano il piacere della tavolata), basta anche solo analizzare come lui o lei ti ha invitato a cena. E poi in quattro ore, dalle otto a mezzanotte si può già intravedere il futuro: se lui o lei sia la persona giusta. Esempi. Lui si avventa sul cibo e lo trangugia senza assaporarlo: si può presumere che lo stesso faccia con le relazioni, e i corpi altrui. Se ordina per entrambi, senza nemmeno consultare la commensale è un dispotico, ma non è detto che sia il peggio: c'è chi si atteggia a critico gastronomico, chi fa il terzo grado al cameriere senza paura di passare per un ossessivo-compulsivo, chi varia ogni ingrediente del menu. E che dire di quelle donne che trascorrono la serata a punzecchiare il piatto con la forchetta, senza addentare nulla e a fissare il resto della sala senza mai interessarsi a un discorso: quanto saranno passionali e seduttive, se non sanno godersi il piacere del cibo? Per non dire di chi maltratta i camerieri: difficile che meriti una seconda chance.
Tutti segnali che dovrebbero mettere in allarme. Un po' come il tovagliolo infilato nel collo della camicia o una bella chiacchierata con la bocca piena. Il linguaggio del corpo a cena raddoppia il suo potere rivelatore: toccarsi i capelli o la cravatta, lanciare sguardi, reclinare il collo, abbassare la voce sono segnali che non si possono smentire. Ma soprattutto non mente il portafoglio.
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