Scuola, sanità ed enti locali: ok a un’altra raffica di tagli

Monti incassa la fiducia numero 34 e il sì alla spending review. I Comuni: "Misure stupide". Critiche anche dalla maggioranza

Scuola, sanità ed enti locali: ok a un’altra raffica di tagli

Roma Fiducia numero tren­taquattro, una media di circa quat­tro al mese. Anche il decreto spen­ding review passa alla Camera, do­po il sì alla fiducia, con 371 voti fa­vorevoli, 86 no e 22 astenuti. Con­trari e astenuti divisi tra Lega e Idv, unici due partiti di opposizione, e un po’ nel Pdl.Che,pur avendo fat­to passare la fiducia, su un odg vo­ta contro, in polemica con le frasi di Monti al Wall Street Journal .
Non sono rose e fiori neppure a si­nistra, il segretario del Pd Bersani avverte: «Ci sono cose che vanno riviste, come sulla scuola. Si tratta di tagliare gli sprechi ma non la spesa sociale». I punti dolenti ri­guardano scuola, sanità ed enti lo­cali. Questione di «fretta», rispon­de il governo. Il taglio previsto dal decreto vale 4 miliardi di euro nel 2012 (10,9 miliardi nel 2013 e 11,7 miliardi nel 2014), quanto basta per non introdurre una misura giù prevista dal Salva Italia, l’au­mento di due punti dell’Iva (un colpo ferale per i consumi), al mo­mento sospeso fino al 30 giugno dell’anno prossimo. Perciò il go­verno accelera i tempi, e taglia sen­za andare troppo per il sottile, con conseguenti ire di sindacati, enti locali e forze di polizia (protesta il Cocer dei Carabinieri e il sindaca­to autonomo Polizia penitenzia­ria).
La scelta dei tagli lineari ha pro­vocato una dura protesta soprat­tutto da parte dei Comuni. «Tagli stupidi» li ha qualificati l’Anci. Il cuore del decreto è la mastondon­tica Pubblica amministrazione italiana. Per i sindaci, il sacrificio viene chiesto a quelli dei centri più piccoli, perché il decreto pre­vede l’accorpamento dei servizi per quelli con meno di 5mila abi­tanti. Ai Comuni sono destinati 800milioni, presi da altre partite: 500milioni dai rimborsi fiscali al­le aziende e 300 già destinati ai Co­muni virtuosi. In totale il decreto prevede tagli a Regioni ed enti lo­cali per 2,3 miliardi nel 2012, 5,2 miliardi nel 2013 e 5,5 miliardi dal 2014. In compenso le otto regioni in disavanzo sanitario potranno aumentare l’addizionale Irpef al­l’ 1,1% (dallo 0,5%).
Le più sacrificate però sono le Province, che saranno di fatto di­mezzate in base ad un criterio di estensione (almeno 2.500 km qua­drati) e popolosità (350mila abi­tanti). In tutto ne spariranno 64. Quali?Non c’è ancora una mappa precisa, che vedrà la luce in autun­no. Dieci Province lasceranno il posto a nuove città metropolitane (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria).
Il riordino delle Province com­porterà il taglio
delle amministra­zioni pubbliche ritagliate su quel­lo stesso livello. Quindi prefettu­re, questure, tribunali e agenzie fi­scali. Altri tagli toccano la dotazio­ne dei ministeri (meno 1,5 miliar­di), il pubblico impiego (via il 10% degli statali), le spa pubbliche, e poi il fondo sanitario nazionale che diminuisce di 900milioni.

In corso d’opera sono entrati nel de­creto le coperture per altri 55mila esodati, 2 miliardi per le zone ter­remotate, le tasse universitarie più alte per i fuoricorso, il tetto a 300mila euro per gli stipendi dei manager. E una misura di austeri­ty anche per Bankitalia: stop alle consulenze esterne ai dipendenti in pensione e taglio del 50% alla spesa per il noleggio delle auto blu e taxi.

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