Come vede, illustre capo ufficio stampa dell'onorevole Claudio Scajola, la lettera da lei scritta per conto del deputato al quale presta la sua apprezzata opera, viene pubblicata integralmente benché non rettifichi un bel niente del mio articolo di ieri. Tuttavia, la ospitiamo lo stesso col risalto dovuto al verbo di un insigne statista, appunto Scajola, due volte ministro e due volte dimissionario per colpa della macchina del fango di cui anche noi del Giornale siamo esperti, quindi meritevoli di esecrazione da parte dei politici che, notoriamente, costituiscono l'élite di questo Paese rovinato dalle menzogne giornalistiche.
Col pezzo del quale lei si lagna speravo di aver fornito un saggio di piaggeria da encomiare. Purtroppo constato, dalle sue parole, di non essere stato all'altezza delle mie buone intenzioni. Riporto integralmente, comunque, il brano dedicato a Scajola e da questi contestato: «Claudio Scajola si dimise da ministro del governo Berlusconi per una sciocchezza: una casa che ebbe in dono senza nemmeno conoscere l'identità dell'offerente. Non c'era niente di male: chiunque nella vita riceve, a propria insaputa, un appartamento o due in regalo, e nessuno fa tante storie. Scajola, tempestato di articoli negativi sul proprio conto, fu indotto ad abbandonare l'importante incarico. Un linciaggio. E noi linciatori o ci spariamo o andiamo in prigione».
Benché nella mia prosa servile non vi sia una sola virgola che non certifichi un'accorata partecipazione al dolore di Scajola per il trattamento crudele inflittogli da noi lanciatori di fango, sono pronto a recitare il mea culpa per non aver usato nei suoi confronti termini maggiormente laudatori. Provvedo immantinente a prostrarmi ai suoi onorevoli piedi, dichiarandomi disposto a baciargli gli alluci in segno di devozione nonché di pentimento.
Sono consapevole che lo statista ligure, nella presente circostanza da lei rappresentato, compì un atto eroico lasciando volontariamente lo scranno al dicastero e tornando all'umile seggio parlamentare, per cui faccio ammenda e confido nel suo perdono per non aver riconosciuto, all'epoca dei fatti, l'alto valore morale del suo sacrificio, un esempio fulgido di disinteresse per la poltrona.
Segnalo altresì ai lettori del Giornale, ingannati dal nostro lavoro sporco, che ricevere in omaggio un alloggio nel centro di Roma da un ignoto benefattore, lungi dall'essere un reato, è un attestato di benemerenza di cui menar vanto.
Noi reietti, gente volgare e addetta a bassi servizi di disinformazione, non abbiamo simili medaglie da esibire: mai nessuno ci ha gratificato di strenne immobiliari, nemmeno un piccolo bilocale, per la semplice ragione che, a differenza di Scajola (uomo probo e immacolato), ne siamo indegni.P.S. Spero, con questa risposta in puro stile zerbino, di aver dimostrato che pur di compiacere la casta, e di non andare in galera, sto imparando l'arte gradita al Palazzo: quella dell'adulatore.
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