Se anche pagare il bollo diventa un calvario

Nel Paese non funziona nulla tranne la macchina che ci tortura e ci impoverisce. Le ultime preoccupazioni dei governi sono l'efficienza e l'equità

Se anche pagare il bollo diventa un calvario

Sappiamo che il governo – non quello attuale, il precedente – ha imposto perfino ai pensionati di aprire un conto corrente e di utilizzare il bancomat per prelevare denaro. Dal che si evince che tramite la banca è possibile effettuare qualsiasi transazione. Anzi, più che possibile è obbligatorio. Iniziativa discutibile di cui tuttavia gli italiani, volenti o nolenti, hanno preso atto, adeguandosi. Bisogna rassegnarsi alle idiozie piovute dall'alto.

Alcune settimane orsono ricevo dalla Regione Lombardia una lettera vagamente minatoria. Oggetto: «Tassa automobilistica. Avviso di scadenza». Per il rinnovo annuale devo pagare 579,21 euro entro la fine di maggio. Ok, sgancerò. Poi però me ne scordo. Alcuni giorni fa quella lettera mi ricapita sotto gli occhi. Tuffo al cuore. Oddio, devo correre in banca, altrimenti questi pisquani della burocrazia chissà che mi combinano. Con il documento regionale in tasca mi precipito allo sportello del mio istituto di credito, nel quale ho depositato un gruzzoletto, e chiedo all'impiegato di versare l'importo richiestomi. Questi mi guarda con aria di compatimento e sorridendo mi dice: noi non siamo abilitati a incassare il cosiddetto bollo di circolazione; si rivolga all'Automobile club oppure alla posta, oppure vada da un tabaccaio autorizzato.

Rimango basito. Azzardo: mi scusi, caro signore, ma se io utilizzo il vostro istituto per saldare l'Imu, l'Irpef e qualsiasi altra imposta, mi spiega perché non mi è consentito pagare qui anche il bollo che, fino a prova contraria, è una sporca tassa come le altre? Il bancario, visibilmente scocciato, replica che queste sono le disposizioni e che lui non ne ha responsabilità. Vabbè. Mi reco, secondo le sue indicazioni, dal tabaccaio e lo prego di sbrigare la pratica che mi angustia. Lui, gentilissimo, fa i suoi calcoli smanettando su un congegno elettronico e mi porge il responso: totale 604,07 euro. Stupito, commento: ullallà, come mai 25 euro più del tributo? Risposta: 579,21 è l'ammontare della tassa, 21,72 è la sanzione per il ritardo, 1,27 è l'interesse nel frattempo maturato, 1,87 è la commissione d'incasso. Non ho parole: 25 euro di penale per un ritardo di un mese mi sembrano troppi. Pazienza, sappiamo che lo Stato è lento nel pagare i propri debiti (quando li paga), mentre è severo nell'esigere puntualità nella riscossione dei crediti.

Non mi va di discutere ed estraggo la carta di credito, ligio alle raccomandazioni, cioè agli ordini del dio Stato che non tollera l'uso dei contanti per versamenti cospicui. Il tabaccaio scuote la testa: la carta di credito non è ammessa per questo genere di operazioni. Domando: perché? Lui allarga le braccia: è così. Ottima spiegazione. Ripiego sul bancomat. Non va bene neanche questo. Scoraggiato, metto mano al blocchetto degli assegni, ma il mio interlocutore mi blocca: servono i contanti. Osservo che nessuno va in giro con 600 e rotti euro fra banconote e monetine in saccoccia. Lui, spazientito, mi suggerisce (meglio, mi intima) di andare in banca, prelevare la somma e tornare con quella per chiudere il penoso capitolo. Sul fatto che l'episodio sia penoso, concordo con l'esercente.

Entro per la seconda volta in banca e avanzo rispettosa domanda: desidero ritirare 2.000 euro in contanti. L'impiegato spalanca gli occhi: 2.000? Poi approfondisce: motivo? A quel punto vorrei sparare, ma per fortuna sono disarmato. Rimango gelidamente muto. Lui capisce che non è il caso di insistere e mi allunga 20 banconote da 100 euro.

Il tormento termina dieci minuti dopo. Rientro nel negozio del tabaccaio e gli sbatto sul banco 700 euro. Attendo il resto. Lui fruga nel cassetto e intuisco che non ce la fa a racimolare quanto mi spetta: 95 euro abbondanti. Non faccio una piega. Ciò lo dissuade dall'ingiungermi di procurarmi gli spiccioli. Un attimo, dice. Si assenta alcuni minuti e ricompare con le mani piene di biglietti da 5 e 10 euro, quanti ne occorrono per soddisfarmi.

Ho sprecato più di due ore del mio tempo per mettermi in regola con la tassa automobilistica. Vi sembra normale che un cittadino debba faticare anche per essere in pari con il fisco? Vi sembra normale che politici e burocrati non colgano l'assurdità di certi regolamenti contraddittori e che nessuno si affretti a facilitare l'adempimento degli obblighi del contribuente? A Roma, nelle Regioni, nelle Province e nei Comuni si parla soltanto dei massimi sistemi e si trascura di agevolare la gente almeno quando viene tosata dal fisco. Poi ci si sorprende che dilaghino l'antipolitica e l'avversione per le istituzioni. È un miracolo che i connazionali non abbiano ancora incendiato i palazzi del potere.

Nel Paese non funziona nulla tranne la macchina che ci tortura e ci impoverisce. Le ultime preoccupazioni dei governi sono l'efficienza e l'equità. Compili la denuncia dei redditi con scrupolo? Peggio per te. Ora, entro il 17 luglio, fai la cortesia di saldare quanto dovuto nel 2012. Poi preparati all'anticipo per l'anno in corso, e se non sai ancora quanto percepirai, arrangiati. Che razza di calcoli puoi fare? Ti attieni agli introiti dell'anno passato. E se guadagnerò di meno? Chissenefrega. Comincia a pagare. A suo tempo sistemeremo le cose.

Il che significa che tu sei tenuto a prestare soldi allo Stato, lo stesso Stato che se ha un debito con te ti sghignazza in faccia e ti dice: ora non ho soldi, il giorno in cui ne avrò assolverò ai miei impegni. Forse. Campa cavallo. Stato criminale

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica