Se il governatore rosso è nei guai "Repubblica" non gli fa domande

Il quotidiano che mette alla gogna Formigoni si inginocchia davanti a Errani a processo per falso ideologico. Nessun quesito, ma solo un articolo elogiativo

Se il governatore rosso è nei guai "Repubblica" non gli fa domande

Roma - Forse ha ragione Vasco Errani quando dice a Repubblica che «ciascuno ha i suoi percorsi». Di vita, certo, ma anche mediatici. Perché anche sui giornali non tutti i governatori sono uguali. Prendiamo appunto il presidente della Regione Emilia Romagna, esponente di spicco del Pd «che governa», per il quale due giorni fa i pm bolognesi hanno chiesto il processo, con l'accusa di falso ideologico. Sul Corriere della Sera, dove i guai giudiziari del suo omologo lombardo Formigoni anche ieri trovavano ampio spazio, la vicenda Errani per esempio è già sparita. Su Repubblica, invece, occupa una pagina intera, proprio di fronte a quella «dedicata» al governatore lombardo. Ma rispetto a Formigoni - non c'è da stupirsene - Errani pare godere di un trattamento diverso. Non c'è traccia delle celebri «domande» del quotidiano di Ezio Mauro, a cui invece Formigoni, chiamato a dar conto dei Capodanni con Daccò, non scampa. E il clima del pezzo appare in generale più conciliante, più all'insegna del «volemose bene». A cominciare dai sommari, che riportano le versioni del difensore («La procura ha commesso un grave errore») e dello stesso governatore («Non ho mai favorito nessuno»), passando per le didascalie («Indagato», recita quella di Formigoni, mentre quella sotto la foto di Errani riporta un più celebrativo «Leader») per proseguire appunto con l'Errani-pensiero, un lungo colloquio - senza domande botta e risposta - nel quale il presidente della giunta spiega di pensare solo «a lavorare serenamente» perché «qui c'è stato il terremoto». Ed è proprio lui a rifiutare paragoni con i suoi colleghi indagati, Formigoni ma anche Vendola, spiegando appunto che «sono cose diverse, che ciascuno ha i suoi percorsi», e aggiungendo che «io non mi ci metto in un frullatore mediatico», dimenticando che di solito ti ci mettono gli altri. Di dimissioni, chieste dalla Lega e dai grillini (in caso di accoglimento della richiesta di rinvio a giudizio) manco a parlarne, e infatti il suo «non mi dimetto» è già nero su bianco nel titolo. La versione difensiva del governatore, in fondo, tende a scaricare le responsabilità sul dirigente, indagato, che avrebbe redatto la memoria difensiva «sbagliata» spedita da Errani in Procura, in risposta a un articolo del Giornale sui presunti favoritismi per un finanziamento a una coop del fratello, Giovanni. «Mi limitai a trasmetterla alla Procura», spiega ora il presidente a Repubblica. Ma l'argomento non convince Gioenzo Renzi, ex consigliere regionale del Pdl, che sulla vicenda nel 2009 chiese, invano, la revoca del finanziamento al fratello di Errani e l'istituzione di una commissione d'inchiesta, e fu autore del primo esposto in Procura. La Regione, invece, i soldi alla coop Terremerse li ha chiesti indietro solo adesso che l'inchiesta è finita.

E Renzi, in una nota, non manca di ricordarlo al governatore: «Sul caso Terremerse, vuoi perché era coinvolto tuo fratello, vuoi perché era coinvolta una cooperativa, la tua scelta è stata quella di far “passare la tempesta” per poi sperare che tutto finisse nel dimenticatoio. Così non è avvenuto, ecco perché le tue dimissioni sono inevitabili, soprattutto ora che ricopri anche il ruolo di commissario per la ricostruzione delle zone emiliane terremotate».

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