Cronache

Se i bambini smascherano la tirannia della dieta verde

È polemica per il pasto a base di tofu servito nelle scuole milanesi e gettato via dopo il rifiuto degli alunni. L'alimentazione sana non s'impone con l'ideologia

Se i bambini smascherano la tirannia della dieta verde

Pane e banana. Tutto il resto in pattumiera. Quintali di cibo buttato, avant'ieri nelle scuole di Milano per un esperimento vagamente trendy, bocciato sonoramente dalla sacrosanta fame dei bambini, più genuini di qualunque lusinga radical chic. Il fatto è che, dalle materne alle medie, 75mila alunni di 457 istituti scolastici pubblici si sono visti, infatti, servire nel piatto come primo, grano saraceno con crema di zucca e zucchine; come secondo, insalata verde con tofu e olive e poi la frutta. Morale? Non hanno gradito. E hanno respinto tutto al mittente, cioè all'amministrazione Pisapia e al suo «braccio alimentare». Quella Milano Ristorazione che si occupa delle mense scolastiche e che, all'insegna del «moderno è bello», meglio ancora se politicamente corretto, aveva voluto azzardare nel piatto una giornata speciale, caratterizzata integralmente da un menu vegano. Così, a digiuno di informazioni sui vegani («da quale pianeta arrivano?» Ha domandato qualcuno alle maestre) piccoli e più grandicelli hanno preferito, nel dubbio, rimanere anche a digiuno di fatto, accontentandosi di un po' di pane e di qualche frutto. Un gigantesco flop, quindi, che ha suscitato la durissima protesta di molti genitori, («Vedere tutti i bimbi digiuni è stato uno strazio, una delle esperienze più mortificanti a cui un genitore debba assistere», hanno commentato, inviando anche parecchie mail al Giornale) e l'imbarazzo delle maestre, che si sono dovute affrettare a spiegare che i vegani non sono degli alieni ma soltanto delle persone rispettabilissime che non mangiano carne, pesce e nessun derivato animale, incluso formaggi e uova. Con qualche esasperazione sempre più radicalmente salutista, aggiungiamo noi, che impone loro niente vestiti di pelle, nemmeno la lana perché le pecore vengono maltrattate per tosarle, niente fumo perché non è ecologico, poco sale.

Certo Milano Ristorazione si è difesa e continua a difendere la propria discutibile scelta sottolineando che lo speciale menu è stato servito in occasione della «Settimana vegana», per, citiamo testualmente, «coniugare benessere individuale e salute del nostro pianeta e per stimolare la produzione di piatti con caratteristiche di sostenibilità anche su larga scala». Prendete buona nota, tra l'altro, che la «Giornata speciale» era pure «stellata» visto che a firmare il menu è stato Pietro Leemann del «Joja» milanese. Ma la destinazione del contenuto dei piatti non è cambiata per questo motivo: quintali di grano saraceno e tofu, miste a insalata e crema di zucca e zucchine sono finite dritte nei bidoni dell'umido, come documentato su Facebook dalle foto scattate dai genitori di sacchi pieni di pietanze rifiutate dai bambini. A complicare le cose non a tutti i genitori è arrivato il volantino che spiegava cosa significa vegano e perché. A interpretare il malumore di tutti è stato l'ex vice sindaco Riccardo De Corato, ora vice-presidente del Consiglio comunale: «Alla lingua ideologica, tipica del fondamentalismo ecologista arancione che ha evidentemente preso il comando a Milano Ristorazione, rispondo con tre osservazioni in lingua corrente, quella dei milanesi comuni. Primo: è allucinante che un tipo di alimentazione scientificamente dubbia, che solleva le obiezioni di schiere di eccellenti nutrizionisti e medici pediatri, sia imposta alle famiglie (con tanto di propaganda) e ai bambini dai tre anni in su senza battere ciglio. Secondo: è allucinante che si presenti tutto questo come una occasione per ampliare la libertà di scelta: quale scelta? Qui o mangi il tofu o salti il pasto. Terzo: è allucinante quello che ci sta dietro: le mense dei nostri bambini in mano a quattro radical-chic della Milano bene col pallino vegano, che impongono a tutti la loro alimentazione filosofica e pretendono di estenderla su larga scala».

In altre parole: più dissapori, che sapori.

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