Sembra quasi una magia. Piccoletti che neanche camminano, magari dicono a stento «mamma» e «papà», eppure con l'iPad giocano e smanettano come cuccioli di hacker. Sanno come usarli, d'istinto, meglio dei genitori. Che lasciano avvicinare i figli al tablet sempre più di frequente e precocemente: tanto che c'è chi comincia a sei mesi, magari con la custodia apposta da mordere per i primi dentini fastidiosi. Certo il mondo degli affari appena intravede uno spiraglio per proporre un prodotto in versione baby ci si butta a capofitto, perché il business si moltiplica, ma l'attrazione dei bimbi per iPad, iPhone e tablet «touchscreen» pare davvero irresistibile. Anche per ragioni tecniche: basta appunto toccare (e i bambini vogliono sempre toccare) e l'azione diventa reale, sotto gli occhi, che sia la fattoria degli animali, la favola di Biancaneve, il gioco per imparare le parole nuove o i numeri. Ma in casa tutto ciò (anche se utilissimo quando devi farti una doccia o preparare la cena) crea dubbi: non renderà i nostri figli dei pigroni sedentari (e grassocci)?, o magari asociali e timidi?, o non influirà in qualche modo misterioso sul loro cervello?
Studi come quelli sull'effetto della televisione o dei videogame non esistono ancora: l'iPad è diventato un oggetto baby nell'ultimo anno, quindi i test sono in corso, nelle singole famiglie. Ma le case produttrici di giochi per bambini sono già attivissime: l'Herald Tribune racconta che il quartier generale di Fisher Price somiglia ormai a un Apple store, con bimbi di varie età che si divertono a giocare e vengono osservati per capire che cosa piaccia di più; mentre il «laboratorio» di LeapFrog in California sta effettuando i primi esperimenti (oltre a produrre un tablet solo per piccini). L'anno scorso le app ludico-educative di Fisher Price hanno registrato tre milioni di download, mentre LeapFrog ha in programma di mettere in vetrina (on line) 325 app, il doppio rispetto al 2011. E nel genere si impegnano tutti i big del settore, come Hasbro e Crayola. Il dilemma per mamme e papà è ovvio: ma le app, che dovrebbero essere «educative», lo saranno davvero? O non creeranno solamente una nuova forma di dipendenza?
Secondo gli esperti - raccontava qualche tempo fa il Wall Street Journal - i tablet dovrebbero evitare il rischio di deficit da attenzione perché, a differenza della tv (da cui un bambino allontana lo sguardo, in media, centocinquanta volte in un'ora) coinvolgono maggiormente nell'evento o nell'azione (il «touch» che attira tanto i piccoli, e spesso fa impazzire i grandi). Uno studio ha addirittura verificato che il vocabolario dei bambini di 5 anni migliorava del 27 per cento (e del 17 per cento per quelli di tre anni), grazie a una app specifica. Ma le ricerche sono all'inizio, mentre la realtà è che ormai la metà dei bambini fra cinque e otto anni e il 39 per cento di quelli fra due e quattro anni hanno già usato un iPad o un iPhone. Due anni fa era difficile trovare bambini che avessero familiarità con i tablet, oggi è normalissimo. Di fatto, quando gli studiosi riusciranno a dire qualcosa di sensato, i bambini (piccoli e piccolissimi) saranno già diventati abilissimi con l'iPad, e soprattutto ne saranno inseparabili.
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