«Se la riforma del lavoro è così, meglio non farla»

«Se la riforma del lavoro è così, meglio non farla»

MilanoÈ deluso Michele Perini, numero uno di Fieramilano e di Sagsa ed ex presidente di Assolombarda. Il compromesso sulla riforma del mercato del lavoro non gli piace «perché rischia di creare nuova disoccupazione» e non ne fa mistero. «La prima ipotesi di riforma - dice - sembrava veramente un cambiamento verso un modello più internazionale, poi hanno vinto i corporativismi».
Presidente Perini, che cosa bisogna cambiare nel ddl di riforma?
«Mi auguro che si possano stralciare alcuni elementi inaccettabili: il reintegro è stato trasformato in un onere molto costoso e inoltre sono state introdotte molte rigidità nell’occupazione in entrata. È come se il ministro avesse avuto intenti punitivi».
Ritiene la Fornero responsabile?
«Credo che abbia dato ascolto alle cicale della Cgil piuttosto che alle formiche lavoratrici della Confindustria e di Rete Imprese».
Lei ha detto che «il ministro Fornero non ha mai fatto il capo del personale in un’azienda» per sottolineare la scarsa confidenza con la cultura d’impresa.
«Non so se l’ha fatto e se l’ha fatto, se n’è dimenticata».
Il governo rischia di incartarsi.
«Gli stiamo ripetendo che la flessibilità in entrata è importante e che non bisogna infierire su partite Iva e contratti a progetto. È meglio avere quello che la Camusso chiama “precario” piuttosto che un disoccupato a tempo indeterminato».
L’aggravio degli oneri previdenziali sui contratti a termine è un altro deterrente.
«Chi potrà utilizzerà società estere che ti mandano fatture per i servizi e che non hanno oneri e costi previsti da questa riforma. Questo vuol dire che l’Italia smantellerà i call center e i ragazzi non avranno quel tipo di lavoro a vantaggio dei loro coetanei indiani e sloveni».
Dove non si è fatto abbastanza?
«Il vero problema è quello fiscale: se una persona riceve 1.000 euro netti e ne costa 3.200, è difficile assumere il 100% della forza lavoro a tempo indeterminato».
Una prospettiva preoccupante.
«L’articolo 18 aveva lo scopo di evitare abusi. Ora però le aziende ne sono vittime perché si reintegrano anche gli addetti degli aeroporti che rubavano nelle valigie. I magistrati dovrebbero tutelare chi ha subito un torto e non chi l’ha procurato».
Ci sono altri esempi?
«Conosco aziende con un tasso di assenteismo del 65-70 per cento.

I dipendenti in questo caso sicuramente fanno un altro lavoro in nero, ma non si possono fare pedinamenti o fotografie perché non valgono come prove. La visita fiscale costa 16 euro e i medici le effettuano spesso di sera quando tutti sono a casa. Comunque, se questo è l’impianto della riforma, teniamoci quella vecchia».

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