RomaPoca sorpresa, tanti calici alzati, un senso di sollievo diffuso e qualche perplessità. Il Pdl si risveglia con Silvio Berlusconi che sveste panni per lui innaturali del «padre nobile» e torna ufficiosamente in campo con un ruolo da front-man. Non è esattamente un colpo di scena per un partito che almeno da un paio di settimane stava facendo i conti con questo scenario. Ma la scossa si diffonde comunque a tutti i livelli del partito.
È quasi impossibile raccogliere dichiarazioni o voci dal sen fuggite che boccino la scelta compiuta dal leader carismatico. Angelino Alfano, il delfino designato, il dirigente che si è assunto l'onere di una spinosissima eredità consuma il suo «passo di lato» con grande signorilità e indossa i panni del primo sponsor politico della sesta candidatura a Palazzo Chigi del Cavaliere. Con le sue dichiarazioni ai cronisti e i suoi tweet il segretario del Pdl spiana la strada a Berlusconi con un pronunciamento ufficiale, avvenuto in due tempi. Alfano, infatti, prima si sbottona con i giornalisti a margine dell'assemblea dell'Abi, affermando che in tanti stanno chiedendo a Berlusconi di ricandidarsi e lui stesso è in questa schiera. «Del resto - osserva Alfano - per chi come lui ha governato in anni così complessi e ha ceduto il passo a un nuovo governo tecnico senza mai essere stato battuto in aula e senza avere perso le elezioni, per chi come lui è stato il protagonista di questi anni, credo sia giusto e legittimo chiedere un giudizio al popolo italiano sulla storia di questi anni e su una nuova chance di governo. In tanti glielo stanno chiedendo e credo che alla fine lui deciderà di scendere in campo». Concetto poi ribadito su Facebook e Twitter, dove l'ex Guardasigilli osserva che «c'è un gran movimento di sostegno alla ricandidatura del presidente Berlusconi». D'altra parte raccontano che Alfano negli ultimi faccia a faccia avuti con l'ex premier lo avesse sollecitato a fare chiarezza. «Presidente, me lo devi dire se vuoi scendere in campo, io non ho problemi, faccio subito un passo indietro», la sua richiesta, avanzata a più riprese.
Il sollievo per il traguardo della chiarezza è un sentimento condiviso da buona parte dello stato maggiore del partito, ex An compresi, ormai lanciati nella battaglia per il semipresidenzialismo da un lato e per il ripristino delle preferenze. «Abbiamo vissuto con disagio l'ultimo mese e mezzo per i messaggi contraddittori con cui siamo stati costretti a fare i conti» racconta un ex ministro. «L'importante è uscire dalle nebbie e combattere insieme una battaglia politica. Il contrasto interno sul nome di Berlusconi non è neppure immaginabile. D'altra parte ora che gli italiani hanno provato le ricette dei tecnici non è escluso che possano tornare a garantirci consensi ai livelli pre-novembre 2011». Un pensiero condiviso anche da Maria Stella Gelmini: «Non sono sorpresa perché Berlusconi non è mai uscito dal campo. Berlusconi può dare identità e forza al Pdl lavorando insieme ad Angelino Alfano. Siamo certi che Berlusconi farà la differenza convincendo gli indecisi». Un unico, reale timore a questo punto alligna nel partito: quello che il presidente possa ripensarci. «Berlusconi è arbitro del suo e del nostro destino» spiega un dirigente.
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