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Se la sinistra chiede al Pd di prendere lezioni dalla Meloni

Marcello Sorgi e Mattia Feltri invitano il Pd di Elly Schlein a non sminuire il successo della Meloni negli Usa e nelle relazioni internazionali anche con Bruxelles, ma a fare un'opposizione meno ideologica

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Ricordate la rubrica ‘gli appunti di Giorgia Meloni’? Ebbene, la stampa italiana, dopo il viaggio del premier negli Stati Uniti, sembra aver inaugurato una nuova rubrica: “la sinistra prenda appunti da Giorgia Meloni”. L’HuffPost e La Stampa hanno dovuto ammettere che il presidente del Consiglio italiano sta ottenendo un successo internazionale dietro l’altro.

Lo spauracchio strombazzato in campagna elettorale da Enrico Letta di un’Italia isolata dal punto di vista delle relazioni internazionali sembra essere improvvisamente svanito. L’accoglienza, a tratti persino affettuosa del presidente Biden che avrebbe persino voluto far visitare la Casa Bianca alla figlia Ginevra, ha spiazzato la sinistra italiana. “Il successo della visita in Usa di Meloni, e in particolare la piena approvazione - a parte la questione dei diritti Lgbtq+ - ricevuta da Biden per la politica estera del governo, apre un problema a sinistra, in particolare nel Pd, ma anche in tutta la famiglia socialista europea”, ha esordito Marcello Sorgi nel suo editoriale di ieri su La Stampa. Le presunte critiche alla Meloni sui diritti Lgbtq+ sono l’unico feticcio rimasto in mano a Repubblica per sminuire il successo della Meloni alla Casa Bianca, ma la verità è che la premier, sulla questione Ucraina e sull’inevitabile uscita dell’Italia dall’accordo sulla Via della Seta con la Cina, è stata “assolutamente pragmatica, come piace agli americani”, proprio come scrive l’ex direttore del Tg1. Che, poi, ammette: “Ora, non è affatto detto che allo stesso modo avrebbe potuto comportarsi un leader di governo di centrosinistra”. La guerra in Ucraina, ricorda Sorgi, divide il M5S, decisamente più in sintonia col fronte pacifista, e il Pd, storicamente più filo-atlantico. Ma non solo. “ll cancelliere Scholz in Germania e il leader socialista Sanchez in Spagna, - scrive ancora Sorgi - difficilmente potrebbero mostrare una piena condivisione dell’atteggiamento americano sulla Cina e su Taiwan, a cui proprio gli USA continuano platealmente ad inviare armi”. Il problema per il “largo fronte democratico europeo” che si oppone alla Meloni, ora travalica l’Oceano perché che il premier italiano, dopo aver creato un certo feeling con Ursula Von der Leyen, ha ottenuto la tanto attesa “benedizione” di Biden.

Sulla stessa lunghezza d’onda si posiziona l’editoriale di Mattia Feltri dal titolo “Allarmi, non siam fascisti. Usa, Ue e banche stanno con Meloni. Porsi alcune domande”. Qui, il direttore dell’HuffPost parla degli elogi che Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa San Paolo, ha riservato al presidente del Consiglio sia per la sua politica estera sia per quella economica e ricorda una previsione che fece quando il leader di FdI arrivò a Palazzo Chigi: “sarebbe stata impeccabile nei fondamentali economici e nelle relazioni internazionali”. Feltri critica aspramente la politica interna del governo di centrodestra, ma mettendo insieme vari aspetti di politica estera, giunge alla conclusione che la Meloni è più che legittimata a Bruxelles come a Washington e, dunque, “andare avanti con un’opposizione cieca e irriducibile, significa dimenticare che la pericolosa fascista non è tale per gli Stati Uniti, non è tale per l’Unione europea, non è tale per i mercati, non è tale per il mondo bancario, non è tale per le imprese”. Il direttore dell’HuffPost, quindi, invita la sinistra italiana a “organizzare un’opposizione più intelligente, meno manesca, meno speciosa, meno infantile”.

Ma l’HuffPost, in un altro articolo dal titolo “Il successo americano di Meloni è una lezione per Schlein: i no pregiudiziali sono tafazziani”, rende merito al premier di aver portato la questione immigrazione a livello europeo (e non solo) e di aver quantomeno proposto un piano per non lasciare l’Africa nelle mani di Cina e Russia.

E subito dopo arriva la tirata d’orecchie nei confronti della sinistra italiana: “il no pregiudiziale a Meloni su qualsiasi dossier rischia di escludere il Partito Democratico di Elly Schlein dalla possibilità di incidere proprio laddove ce ne sarebbe più bisogno, ovvero sul pretendere che questi accordi con i Paesi africani e mediorientali contengano davvero una parte di sviluppo, una visione di futuro senza la quale – dovrebbe essere chiaro a tutti – è una pia illusione pensare di andare da qualche parte".

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