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Semafori difettosi e zero strisce bianche. Così i Comuni spremono chi si mette al volante

Le sanzioni fruttano fino al 2,5% delle entrate delle metropoli

Semafori difettosi e zero strisce bianche. Così i Comuni spremono chi si mette al volante

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Solo per le prime venti città italiane il tesoretto-multe vale oltre mezzo miliardo di euro. Gli incassi da questa voce, infatti, nel 2022 sono cresciuti del 37% a 547 milioni complessivi. Un discreto gruzzolo derivante da violazioni del Codice della Strada che, per alcune città, è anche una voce non trascurabile delle entrate di bilancio: prendendo Milano, prima in Italia con 151,5 milioni di euro di incassi da multe, vale circa il 2,5% delle entrate totali registrate nel 2022. La seconda piazza di questa speciale hit parade è occupata da Roma, che incassa 133 milioni (pari allo 0,8% delle entrate del Comune). Chiude il podio Firenze, con vigili urbani che dai loro taccuini hanno staccato contravvenzioni per 46 milioni di euro (il 2,3% delle entrate realizzate dal comune). La classifica oltre il podio prosegue poi con Bologna (43 milioni) e Torino (40 milioni circa). Tutti questi dati arrivano dal Codacons, che ha svolto una ricerca prendendo in esame la rendicontazione relativa ai proventi delle multe stradali che, per legge, gli enti locali devono presentare al governo entro il 31 maggio di ogni anno. Il peso sui bilanci, già di per sè non banale per i grandi centri, potrebbe essere anche superiore per comuni più piccoli. Basti pensare che, il gettito complessivo, è arrivato a quota 1,44 miliardi (+38,09% rispetto all'1,04 miliardi di un anno fa). L'attuale governo, con un provvedimento contenuto nell'ultima manovra di bilancio, ha imposto lo stop per il 2023 e il 2024 della rivalutazione delle multe all'inflazione. Tuttavia, a giudicare dagli ultimi dati, gli Enti locali non paiono inclini a diminuire queste linee di ricavo. Non sempre, però, questo modo di fare cassa è usato entro i limiti del buon senso. Negli anni sono aumentati a vista d'occhio nelle città i parcheggi con le strisce blu, anche in zone dove il Comune per legge dovrebbe riservare adeguate aree dedicate alla sosta gratuita. C'è sì il cavillo che permette ai comuni di non rispettare questa proporzione, in presenza di aree ztl o di particolare «rilevanza urbanistica», ma è una definizione che spesso viene applicata in senso estensivo dagli enti locali. A Milano, per esempio, l'Area B con i suoi 128,2 chilometri quadrati è la Ztl più ampia d'Italia e la seconda più estesa d'Europa dopo Bruxelles. Tante volte gli automobilisti italiani fanno i conti con semafori difettosi o autovelox nascosti, segnalati male o non a norma. Proprio contro quest'ultimi si batte da tempo, e sul cui tema ha scritto il libro Autovelox guida all'autodifesa, l'ex ufficiale in pensione Carlo Spaziani, che ha prestato servizio 44 anni nella Polizia locale di Roma. La posizione di Spaziani è che gli autovelox usati oggi sarebbero addirittura «illegali». Il motivo è che «il Codice della Strada prevede che gli autovelox debbono essere muniti di decreto ministeriale, ossia a firma di un Ministro e non di altri», spiega l'ex vigile, «mancando il Decreto e la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale i verbali rilevati dagli autovelox sono atti nulli».

Spaziani, poi, è critico per la facoltà concessa ai Comuni di decidere i limiti di velocità: «In certi casi mettono limiti assurdi per poi utilizzare gli autovelox, questo potrebbe configurare un conflitto di interessi».

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