Cronache

Senza lavoro e senza pensione Famiglia si suicida per la crisi

Coppia di anziani marchigiani s'impicca: non riusciva neanche a pagare l'affitto. E il fratello di lei si getta in mare

Anna Maria Sopranzi suicida insieme al marito
Anna Maria Sopranzi suicida insieme al marito

Soli. Senza lavoro, senza soldi, pochi amici, un parente che, dopo aver visto i corpi della sorella e del cognato impiccati nel garage, si è tuffato in mare, suicida anche lui. Talmente soli da non avere la forza di domandare un sussidio ai servizi sociali del loro comune, Civitanova Marche. Il sindaco, in lacrime, la chiama «dignità»: «Hanno preferito scomparire piuttosto che chiedere aiuto, dimostrando una dignità estrema nella tragedia: in altri luoghi la disperazione avrebbe portato a atti di criminalità». Ma davvero, in quest'angoscia che mescola vergogna e povertà, non c'è alternativa tra furto e suicidio?
Romeo Dionisi, 63 anni, e sua moglie Annamaria Sopranzi, 68, non avevano nemmeno i soldi per l'affitto. Erano entrambi artigiani, come gran parte di questa zona delle Marche, una regione che anni fa aveva fatto gridare al miracolo come il mitico Nordest: tante attività diffuse, abilità manuali, voglia di rischiare, di mettersi in proprio. Il distretto della pelletteria e delle scarpe (un nome: Tod's, a 8 chilometri da Civitanova), il polo degli elettrodomestici (un altro nome: Merloni), piccole e medie industrie sparse in tutta la regione, il turismo, la pesca. Un paradiso a misura di imprenditore che la crisi ha trasformato in un inferno.
Come in Veneto, anche nelle Marche alle ultime elezioni il movimento Cinque Stelle ha fatto il pieno di voti; è addirittura diventato il primo partito di questa che è sempre stata una regione «rossa», segno di un'esasperazione crescente che tiene assieme disoccupati, piccoli imprenditori, partite Iva. Il Veneto si era affidato prima alla Dc e poi alla Lega; le Marche non si erano mai staccate dall'ex Partito comunista. L'affanno di un sistema produttivo strangolato dalla crisi e dallo Stato ha prodotto, in due territori lontani ma simili, lo stesso voto disperato. E da ieri le due Regioni sono accomunate anche dal clamore sollevato dai suicidi per motivi economici.
Lui, Romeo Dionisi, muratore, era disoccupato: aveva lavorato, sembra in nero, fino a settembre in un'impresa edile di Napoli che aveva chiuso. Voleva riuscire a versare i contributi obbligatori all'Inps per garantirsi una pensione e pare si fosse indebitato. Lei, di pochi anni più anziana, aveva una pensione da ex artigiana di 400-500 euro che dovevano bastare per tutti e due. Abitavano al primo piano di una palazzina in via Calatafimi, non lontano dal centro di Civitanova: due locali e un terrazzo dove sono rimaste alcune piante e una panca di plastica bianca. Un vicino racconta che avevano l'incubo di essere pignorati.
Nello stesso edificio vive il presidente del consiglio comunale, Ivo Costamagna, che più volte aveva parlato con loro invitandoli a rivolgersi ai servizi sociali del Comune. «Romeo si vergognava anche a chiedere un euro», confidano i vicini che aiutavano la coppia come potevano. Non avevano figli. Con loro viveva il fratello di Annamaria, Giuseppe Sopranzi, 72 anni. Anch'egli ex artigiano (aveva lavorato in uno dei mille calzaturifici della zona), anch'egli ridotto a vivere con meno dell'indispensabile.
I coniugi hanno lasciato un biglietto sull'auto di una vicina di casa parcheggiata nel garage condominiale: «Scusaci per quello che abbiamo fatto» avevano scritto, e sotto avevano aggiunto il numero del telefono cellulare della sorella di lei. Si sono impiccati in uno stanzino del garage. I corpi sono stati ritrovati ieri mattina dai vicini, che hanno chiamato il 118. Giuseppe non si era preoccupato non vedendoli al mattino ed è sceso a comprare il giornale. Quando al ritorno ha visto i cadaveri ha perso la testa ed è corso a gettarsi in mare dal molo Sud di Civitanova. Alcuni pescatori hanno tentato di soccorrerlo, ma i tentativi di rianimarlo sono stati inutili.
«Hanno preferito sparire piuttosto che chiedere aiuto», ha detto piangendo il sindaco di Civitanova Marche, Tommaso Claudio Corvatta, che guida una coalizione di centrosinistra. È una tragedia nella tragedia: meglio morire che tendere la mano. Chiedere non è più un gesto tra amici, ma una vergogna, un'umiliazione.

È questa disperazione il frutto più perverso della crisi.

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