«Serve una Chiesa povera Per questo ho scelto il nome di Francesco»

Città del Vaticano«Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!». È stata un'esclamazione, un pensiero a voce alta, la rivelazione di un sentimento sedimentato quello che ieri Papa Francesco ha voluto confidare ai seimila giornalisti presenti all'udienza nell'Aula Paolo VI, a due passi da una piazza san Pietro finalmente illuminata da un sole primaverile. La manifestazione di questo desiderio è arrivata al termine del racconto del Conclave e dei primi momenti dopo l'elezione. Un racconto a braccio che ha strappato un lungo applauso alla folla degli operatori della comunicazione. «Avevo accanto a me l'arcivescovo emerito di San Paolo, il cardinale Claudio Hummes, un grande amico», ha svelato Francesco seduto sotto la Resurrezione di Pericle Fazzini con i fogli del testo ufficiale arrotolati in mano. «Quando la cosa diventava pericolosa lui mi confortava. E quando i voti hanno superato i due terzi ed è partito l'applauso consueto perché è stato eletto il Papa, mi ha abbracciato, mi ha baciato e mi ha detto: non dimenticarti dei poveri. Ecco: quella parola è entrata qui», ha sottolineato il Papa toccandosi il capo. «I poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco. Ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. Francesco è l'uomo della pace», ha continuato, precisando che non si trattava di Francesco Saverio o Francesco di Sales, come qualcuno aveva ipotizzato. «Così è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d'Assisi. È per me l'uomo della povertà, l'uomo della pace, l'uomo che ama e custodisce il creato. È l'uomo che ci dà questo spirito di pace, l'uomo povero...». A questo punto è arrivata l'esclamazione quasi liberatoria: «Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!». Qualcuno gli aveva suggerito nomi come Adriano per essere un grande riformatore, oppure Clemente XV, «per vendicarsi di Clemente XIV che abolì la Compagnia di Gesù». Tutti scartati: il programma di Bergoglio è un altro e si comincia a intravederlo.
L'esclamazione della «Chiesa povera per i poveri» non mancherà di stimolare varie interpretazioni. Darà fiato a chi vorrà vederlo come un Papa terzomondista, o come un martiniano in diretta opposizione con Benedetto XVI. In realtà, mai come con la nomina di Francesco le categorie di «conservatori» e «progressisti» risultano vecchie e superate. La genesi del nome prescelto, una parola scambiata tra un cardinale brasiliano e uno argentino che hanno consuetudine con le «favelas» e le «villas miserias», svela una sensibilità verso gli ultimi. Ma non si tratta di una forma di pauperismo sociologico. Bisogna ricordare che a Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio viveva in un normale appartamento di due stanze. Che usava spostarsi con i mezzi pubblici. Che si recava spesso a visitare le baraccopoli della metropoli. «Vorrei una Chiesa povera» significa una Chiesa spogliata dei troppi apparati e sfarzosità. Vorrei una Chiesa essenziale. L'attenzione ai poveri fa parte della sua missione. Ma non va dimenticato che due giorni fa, durante la celebrazione nella Cappella Sistina, Francesco ha messo in guardia i cardinali dal pericolo di trasformare la Chiesa in «una Ong pietosa». Attenzione, dunque, alla riduzione della carità a filantropia, dell'amore cristiano a umanitarsimo. Anche ieri Papa Francesco ha ribadito la centralità di Cristo. È lui «il Pastore della Chiesa, ma la sua presenza nella storia passa attraverso la libertà degli uomini: tra di essi uno viene scelto per servire come suo vicario, successore dell'apostolo Pietro. Ma Cristo è il centro, non il successore di Pietro: Cristo.

Cristo è il centro. Cristo è il riferimento fondamentale, il cuore della Chiesa. Senza di lui, Pietro e la Chiesa non esisterebbero né avrebbero ragion d'essere», ha detto con forza. «Come ha ripetuto più volte Benedetto XVI».

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