La sfiducia sfiduciata

Dal 1986 ad oggi, su 82 sfiducie a un ministro, solo una è passata. A cosa serve questa mozione ad personam che fa sempre (o quasi) flop in Parlamento? Quasi mai a mettere in difficoltà il governo

La sfiducia sfiduciata
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7 maggio 1986. Una data come tante. Cercando su Google sembra aver senso sul calendario della storia solo per un motivo: Steaua Bucarest- Barcellona. Allo stadio di Siviglia, di fronte a 70mila spettatori, i rumeni vincevano la Coppa dei Campioni battendo 2 a 0 gli spagnoli.

Ma algoritmi e motori di ricerca non ricordano tutto, specialmente quei piccoli cavilli che si incastrano tra le pieghe di “una” storia, in questo caso tutta tricolore. Nella stessa giornata, la Camera dei deputati della Repubblica italiana – sicuramente di fronte a un minor numero di spettatori, ma con simile accanimento tra opposte fazioni - aggiunse due commi all’articolo 115 del suo regolamento, di fatto introducendo e normando la sfiducia personale a un ministro. Fino a quel momento si poteva sfiduciare solamente l’intero governo: l’argine era stato rotto il 4 ottobre del 1984 quando, con una forzatura al regolamento, le opposizioni cercarono di sfiduciare Giulio Andreotti.

Da allora la mozione ad personam è divenuta di gran moda. E, a distanza di trentotto anni da quei due diversissimi eventi, possiamo dire che ambedue hanno a che fare in qualche modo con la tifoseria. Con la differenza, non da poco, che in quei novanta minuti furono segnate due reti, nei successivi trentotto anni la squadra trasversale delle mozioni di sfiducia ne ha portata a casa solamente una, manifestando al mondo della politica la sua sostanziale inutilità.

Come lo ha nuovamente dimostrato il fallimento delle ultime due sfiducie bocciate dalla Camera ieri e oggi: prima a Matteo Salvini e poi a Daniela Santanchè. Una sorpresa? Assolutamente no, perché al netto della pretestuosità evidente delle due mozioni, è una questione di statistica. E la statistica, in questo caso, sfiducia la sfiducia.

Da allora sono state presentate 82 mozioni, delle quali solo 39 discusse e soltanto una approvata: quella del 19 ottobre 1995 nei confronti dell’allora ministro della Giustizia Filippo Mancuso. Nel frattempo, dal 1994 a oggi, altre 33, comprese le ultime due, si sono schiantate contro il muro invalicabile della maggioranza di governo.

Ma se non passano mai a cosa servono queste mozioni? A focalizzare l’opinione pubblica su un determinato caso e contro una specifica persona.

A dare all’opposizione l’opportunità di dimostrare agli elettori la propria esistenza. A volte – quasi mai – a mettere in difficoltà il governo sui media. Insomma – a parte rare eccezioni – principalmente servono a fare casino. Una sfiducia molto sfiduciata.

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