Alessandra Graziottin, direttore del Centro di ginecologia e sessuologia medica del San Raffaele Resnati di Milano, ammira Lucia, perché «sta affermando la voglia di rinascere dopo l'assassinio di identità che è stato perpetrato».
Perché dottoressa parla di assassinio di identità?
«Quello che è stato fatto a quella donna provoca una ferita permanente. Dal punto di vista simbolico lo sfregio è un assassinio di identità e per me è di gravità assimilabile all'omicidio».
Addirittura?
«Questi crimini hanno valenze diverse anche se entrambi gravissimi. Ma oserei dire che sfregiare è ancora più crudele che ammazzare. Togliere una vita è un atto lapidario, ma finisce. Lo sfregio invece è un gesto di crudeltà assoluta perché continua a ricordare alla vittima quel che è successo e a ricordarlo anche alle persone che le vogliono bene, sua madre, suo padre. È un gesto arbitrario e violento come una bomba».
Quel criminale si è preso vent'anni di galera.
«A mio parere ne meritava trenta, così passava la voglia a lui e a tutti gli altri di fare gesti simili».
E cosa ne dice delle donne che invece il mostro se lo vogliono addirittura sposare?
«Innanzitutto hanno idealizzato il male e quindi l'eroe negativo. Inoltre scatta la dinamica del io ti salverò e ti cambierò. Come dire: voglio estrarre la pepita d'oro che si nasconde nella melma».
Ma si tratta sempre di donne e potrebbe capitare anche a loro la stessa fine.
«Ma qui s'innesca l'elemento di rivalità simbolica: chissà cos'hai fatto per meritartelo, io invece riuscirò a farmi amare da lui».
Ma non sono da curare queste signore?
«Non si possono mandare tutti in terapia: quanta gente si autodistrugge in relazioni senza senso? Le donne che si mettono ad amare il mostro probabilmente vivono una vita paludosa, zeppa di routine asfissiante, senza orizzonti allettanti».
Una vita noiosa basta per far scattare un meccanismo di adorazione per il mostro?
«In una vita noiosa sorgono delle sfide interne: quanto più alta è la posta in gioco e il rischio dello scenario, tanto è più alta l'eccitazione. In una vita piatta servono stimoli sovramassimali per sentirsi vivi».
Quale sarebbe l'identikit della fidanzata del mostro?
«Donna molto giovane, alla ricerca di identità oppure intorno ai 45anni che ha alle spalle una lunga palude affettiva. Poi ci sono anche donne che sperano di farsi pubblicità, maniache di protagonismo».
Più che donne perfide sembrano delle anime in pena.
«Rappresentano la punta di un iceberg, di un vuoto esistenziale che fa ammirare idoli negativi e accettare allettanti missioni impossibili. L'amore per il delinquente mostra una grande vulnerabilità della popolazione femminile, si creano le illusioni d'amore e si vuole a tutti i costi mettere gli abiti del principe azzurro all'assassino virtuale».
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