Si scatena il «Renzi contro tutti» E Marchionne insulta Firenze

RomaNon avesse certi nemici, Matteo Renzi dovrebbe inventarseli. Glielo suggerisce anche un amico di Veltroni, l'autore Rai Andrea Salerno, in un tweet fulminante: il sindaco di Firenze licenzi Giorgio Gori e assuma «tre nuovi spin doctor: Fassina, Marchionne e D'Alema».
Fassina è il protagonista del grande scontro tutto inter-bersaniano su Monti; ma i due titani che ieri si sono - a loro insaputa - coalizzati contro lo sfidante delle primarie sono appunto l'ad della Fiat e il presidente del Copasir.
Tutti e due inferociti per i drastici giudizi espressi da Renzi nei loro confronti (se D'Alema è il simbolo di tutto ciò che va «rottamato», Marchionne è uno che «ha tradito e preso in giro gli operai). E tutti e due che, nel rispondere con ferocia (da entrambi poi smentita, Marchionne si è pure infuriato con lo staff per la presenza di un giornalista mentre si sfogava contro Renzi: «I miei commenti su Firenze estratti dal contesto») alle polemiche del sindaco, parlano a nuora perché suocera intenda. Suocera Bersani nel caso di D'Alema (ieri il segretario del Pd ha capito che gli toccherà non solo difendere ma anche ricandidare tutto il gruppo dirigente, altro che «ricambio»), suocera Della Valle nel caso di Marchionne, perché il patron di Tod's, acerrimo nemico del capo Fiat, con Renzi coltiva un buon rapporto tramite il fratello e la sua Fiorentina. Si è inviperito, Marchionne: «Renzi pensa di essere come Obama ma è la brutta copia», e oltretutto «è sindaco di una città piccola e povera», mica di Detroit. «Attacchi pure me, ma si sciacqui la bocca prima di parlare di Firenze», insorge il sindaco. E pure Bersani ora lo difende: «Misuri le parole, Firenze è una delle città più belle del mondo».
E D'Alema? In un retroscena della Stampa, ieri, bastonava Renzi di santa ragione: altro che camper, «a Sulmona c'è andato in jet privato» («è costato 2.750 euro pagati di tasca sua», precisa subito Giorgio Gori); ed è pure «finanziato dall'America»; e comunque per ascoltare lui, D'Alema, «a Matera c'era il doppio della gente che era accorsa per Renzi» ma i giornali «non lo scrivono perché “rottamare” il Pd conviene a molti». E ancora «Io non attacco nessuno, è Renzi che reiteratamente conduce polemiche personali». E avverte: «Se continua così, Renzi si farà male».
Renzi si indigna: «Allucinante che il capo della commissione sui Servizi dica che un altro “si fa male”». Ma «quello che più mi stupisce - aggiunge perfido - è che dice che non vuol mollare, e non credo faccia un bel servizio a Bersani». Già, Bersani: a lui, a detta dei maligni Pd, è sembrato rivolto il succo del messaggio dalemiano (smentito in mattinata dalla sua portavoce Daniela Reggiani: quelle parole «non le ha mai pronunciate», ma è vero che è «amareggiato per gli attacchi personali che gli sono rivolti» e «determinato ad impegnarsi nelle primarie»).

Se l'ex premier Ds aveva lasciato capire al segretario, che lo sollecitava, di essere disposto a dare il buon esempio e farsi da parte alle prossime elezioni («Ne avevamo parlato un paio di mesi fa, avevo detto a Pierluigi: ragioniamo, troviamo un modo per un mio impegno diverso»), dopo la martellante campagna renziana contro di lui ha cambiato idea («Ora no, così per quanto mi riguarda no»). Alla fine, insomma, è Bersani che si ritrova con un bel problema da risolvere, perché l'orgogliosa autodifesa di D'Alema si tirerà dietro quella dei tanti altri messi nel mirino da Renzi.

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