Si uccidono per i debiti: tre vittime della crisi in 48 ore

Si uccidono per i debiti: tre vittime della crisi in 48 ore

C’è una nuova voce nella macabra lista dei lutti. E si chiama «morti a causa della crisi».
Solo in due giorni tre vittime: due imprenditori e un giovane disoccupato. Ultimi, solo in ordine di tempo, di un tragico «spread» tra vita reale e freddi calcoli aritmetici di politica e finanza.
A vedere il proprio futuro, quello dei proprio cari, imprigionato in un tunnel senza sbocco, un buio labirinto in cui la speranza si sgretola, ieri è stato un piccolo industriale abruzzese. E. F., quarantatreenne di Cepagatti, non ha sopportato più la vergogna di non poter pagare gli stipendi ai dipendenti e l’incertezza di poter garantire un domani al figlio e alla compagna. Morire per uccidere gli incubi. Così si è impiccato nell’azienda che aveva costruito giorno dopo giorno assieme con i suoi operai, ormai la sua seconda famiglia. A trovarlo, all’alba, sono stati proprio i dipendenti. Gli stessi che ormai da mesi da mesi combattevano al suo fianco una lotta impari contro una crisi che aveva messo in ginocchio l’attività, una impresa specializzata nella costruzione di infissi che il quarantaquattrenne divideva con un socio. Nonostante le difficoltà, raccontano amari gli operai, i rapporti tra loro e i due titolari continuavano a essere come tra familiari. Da qualche tempo, però, il capo non era più lo stesso. Vantava crediti, ma non riusciva a riscuoterli, i debiti crescevano e i prestiti esigui delle banche non bastavano a coprire spese e salari. Da giorni l’imprenditore trascorreva le giornate spostandosi da una banca all’altra, cercava denaro, spesso invano. Cercava di superare il momento. Si è ucciso forse per un «no» di troppo. L’altra notte è uscito di casa e ha raggiunto la fabbrica; qui si è impiccato con una corda. Senza lasciare messaggi, nemmeno un biglietto d’addio. Non c’era bisogno di spiegare perché. Se n’è andato in silenzio, come il suo dramma inascoltato.
Poche ore prima nel Bellunese una storia identica, finita nello stesso tragico modo. Anche G. B., imprenditore di 53 anni di Rosolin di Sospirolo, aspettava da mesi che i debitori pagassero. Quei soldi lo avrebbero salvato. L’ombra sempre più vicina del fallimento gli ha cancellato il domani. E così pure lui ha preso una corda, ha stretto un cappio e si è appeso alla trave di una baracca dietro casa. A trovarlo, è stato il figlio. Troppo tardi, non c’era più nulla da fare. Cambiano i personaggi non il destino.

Aveva perso da un paio di mesi il lavoro che gli consentiva di aiutare la madre invalida, rimasta vedova e il fratello più piccolo, il giovane artigiano che mercoledì, si è impiccato a Scorrano, nel Salento. Lui fino spaccava pietre in una cava, ma aveva perso il posto. Disoccupato, da tre mesi non riusciva più a trovarne uno. Qualunque cosa sarebbe andata bene. Di fronte al nulla si è arreso. Per sempre.

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