Ieri il presidente del Consiglio Enrico Letta ha pubblicato un interessante intervento su La Lettura, inserto culturale del Corriere della sera. I concetti chiave, ci sembra, sono i seguenti: Stato (troppo fragile), redistribuzione (da reinventarsi) e soprattutto Europa (ce ne vuole molta di più). L'articolo, ben argomentato, è rivolto innanzi tutto al proprio partito e non costituisce in alcun modo un programma di governo, almeno non di questo. Tuttavia interroga in modo forte le cosiddette colombe del Pdl, ovvero quella parte del centrodestra che non vede alternative al presente esecutivo. Il discorso di Letta, perfetto dal suo punto di vista, è inaccettabile per una forza politica che si dichiari liberale come il Pdl. Se lo Stato è fragile, andrà rafforzato. Il che in Italia significa una sola cosa: più spesa pubblica e più burocrazia. La redistribuzione, anche ammesso (e non concesso) che il Partito democratico voglia liquidare il vecchio welfare, in Italia significa una sola cosa: più tasse. L'Europa poi... Cedere quote di sovranità alle istituzioni sovranazionali, come propone Letta, significa una sola cosa: più burocrazia e più tasse.
Dunque ci chiediamo, e chiediamo ai ministri del Pdl: poiché di riforme liberali in questi mesi ne abbiamo viste poche, diciamo pure nessuna, non si corre il rischio, alla lunga, di deludere l'elettorato in nome di una stabilità che non produce risultati concreti? Non si corre il rischio di puntellare un governo nel complesso riconducibile all'orientamento «ideologico» di Letta e quindi indisponibile a cambiare le cose?
Sempre ieri, dalle colonne de La Stampa, lo storico Giovanni Orsina ricordava in un lucido editoriale quanto sia ancora incisivo il programma della Forza Italia delle origini, programma indissolubilmente legato alla figura di Silvio Berlusconi. I cittadini che votano centrodestra chiedono ancora di essere protetti dall'invadenza di uno Stato avido, prepotente, inefficiente e sprecone. Vogliono meno tasse, meno burocrazia, meno spesa pubblica e sono a dir poco scettici verso questa Europa.
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