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Il silenzio della sinistra sulla vergogna dei centri sociali

Il Pd fa il quarto grado al governo sul 25 aprile e distribuisce improbabili patenti di democrazia. Dai dem, però, silenzio sulle contestazioni violente dei centri sociali e sulle immagini choc della Meloni a testa in giù

Il silenzio della sinistra sulla vergogna dei centri sociali

Le parole pretese dagli altri e quelle invece non dette. La presunta superiorità morale esibita contro gli avversari e i silenzi sulle intemperanze dei compagni. Le abiure intimate al governo senza alcun titolo per farlo. Quello celebrato dalla sinistra è stato il 25 aprile dell'ipocrisia. La festa della Liberazione è stata infatti trasformata dai progressisti nell'ennesima occasione di scontro, anche a fronte dei ripetuti appelli alla concordia nazionale da parte del premier e dell'esecutivo. "Sarà un 25 aprile di lotta e mobilitazione", aveva promesso Elly Schlein e così è stato. Già alla vigilia della ricorrenza, i dem avevano preparato il terreno per la solita girandola di polemiche strumentali, stavolta accomunate da un ricorrente ritornello: quello della parola in più richiesta al centrodestra.

Già, perché la sinistra si è arrogata il diritto di stabilire cosa gli avversari avrebbero dovuto dire e fare per poter celebrare la Liberazione. E lo ha fatto con un pregiudizio di fondo in base al quale qualsiasi affermazione non sarebbe bastata a soddisfare le pretese ideologiche dei compagni. Così, non è bastata la lettera scritta da Meloni al Corriere con la ferma condanna del fascismo e delle sue nostalgie. Non sono bastate la presenza del premier all'altare della Patria e la scelta del presidente del Senato, Ignazio La Russa, di rendere personalmente omaggio alle vittime del campo di concentramento di Terezin. Allo stesso modo, non è stata sufficiente la partecipazione di ministri e parlamentari di centrodestra alle celebrazioni del 25 aprile. L'insaziabile sinistra ha preteso infatti sempre di più, arrivando a lamentarsi per il fatto che Meloni non si fosse dichiarata antifascista. Ma tranquilli: nemmeno quello sarebbe bastato.

Dal Pd hanno fatto il quarto grado al centrodestra, hanno passato al setaccio dichiarazioni e prese di posizione degli esponenti di governo. Come se fossero loro, i dem, a poter decretare come si dovrebbe celebrare adeguatamente il 25 aprile. Su Repubblica, Ezio Mauro è riuscito persino a sfornare un'assurdità come la seguente: "Non c'è evidentemente fascismo attuale ma non c'è antifascismo". Il "tribunale" progressista ha così emesso la propria sentenza. Peccato però che gli stessi esponenti di sinistra, impegnati a dispensare improbabili patenti di democrazia, non abbiano detto una parola sulle veemenze anti-democratiche dei centri sociali e di alcuni sedicenti antifascisti. Dall'area dem, non un commento sulle ignobili immagini della Meloni e di alcuni ministri a testa in giù affisse a Napoli dai soliti "bravi ragazzi" dei collettivi di sinistra.

Nel giorno della pacificazione nazionale, dalle opposizioni non abbiamo udito condanne per quelle che potremmo considerare espressioni di un moderno "fascismo", visto il carattere illiberale e violento di certe proteste. Analogamente non abbiamo percepito indignazione per le gravi minacce comparse sui social contro il premier e la sua famiglia. E siamo ancora in attesa che qualcuno, da sinistra, stigmatizzi le contestazioni riservate al sottosegretario Vittorio Sgarbi a Viterbo durante le odierne celebrazioni. "Sono stato contestato da antifascisti che sono più fascisti dei fascisti", ha lamentato il critico d'arte.

Effetti collaterali di un 25 aprile celebrato con il paraocchi dell'ideologia, ovvero con l'incapacità di trasformare la giornata in una vera occasione di festa. Per tutti.

Quando i rigurgiti anti-democratici si cercano ovunque, con una sorta di caccia alle streghe, non ci si rende conto della loro presenza sotto il proprio naso.

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