dal nostro inviato a Vicchio del Mugello (Firenze)
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La sinistra imbarazzata prende le distanze dal Forteto, le Coop ne cambiano i vertici, la Regione chiede i danni dopo aver finanziato la coop, l'establishment politico-intellettuale di Firenze tace così come i magistrati minorili che frequentavano abitualmente la comunità dei bimbi abusati (mandati in affido sul Mugello proprio dal loro tribunale). Ma possono dire che non sapevano?
No. Sarebbe una vergognosa menzogna. Del Forteto si sapeva molto, e già agli inizi della loro attività. Fondata nel 1977, la comunità viene messa sotto inchiesta nel 1979 da un magistrato che dava fastidio al palazzo di giustizia di Firenze: Carlo Casini, futuro parlamentare Dc e leader del «Movimento per la vita». In un ambiente di toghe progressiste e dunque illuminate, egli era l'integralista retrogrado. Casini fece arrestare Rodolfo Fiesoli, il Profeta del Forteto, e il suo braccio destro Luigi Goffredi, in seguito entrambi condannati in primo grado, in appello e in Cassazione. La sentenza divenne definitiva nel 1985. I reati accertati gravissimi: maltrattamenti, lesioni aggravate continuate e atti di libidine violenti su minori (tra cui una disabile) aggravati dal fatto che Fiesoli era l'affidatario.
La sentenza della prima sezione penale della Corte d'appello di Firenze, poi confermata in Cassazione, è datata 3 gennaio 1985. Sembra di leggere gli atti della procura di Firenze che nel 2011 ha riaperto il caso e lo scorso aprile ha ottenuto il rinvio a giudizio di 23 capi della comunità (il processo si aprirà il 4 ottobre). Nella motivazione compaiono già le allucinanti tecniche «rieducative» applicate nei 35 anni a venire: la pedofilia, l'omosessualità come terapia per liberarsi delle schiavitù sessuali, il rinnegamento della famiglia d'origine, le tecniche del «chiarimento» pubblico.
E già nell'85 i giudici di Firenze registravano il favore con cui assistenti sociali, psichiatri e psicologi giudicavano «positiva l'attività del Forteto» in virtù dei «riconoscimenti arrivati dal tribunale dei minori dopo l'inizio del processo». I giudici minorili, infatti, continuavano a inviare bambini in affido alla comunità nonostante le condanne per reati specifici. Ma il processo istruito da un pm cattolico e conservatore era considerato un «errore giudiziario».
«Il verdetto non scalfì il prestigio di una comunità considerata un modello anche da chi mi aveva preceduto alla guida del tribunale dei minori», ha detto al Corriere Fiorentino il dottor Piero Tony, magistrato minorile a Firenze dal 1984 al 2004 (dal 1998 anche presidente).
Nel 1980 un consigliere regionale Dc, Rinaldo Innaco, presentò due interrogazioni sul Forteto prima che la Regione acquistasse una vasta area boschiva sul Mugello da affittare alla comunità: rimasero lettera morta nonostante denunciassero i metodi che vi venivano applicati. E fu ignorato anche un pronunciamento ben più autorevole, la sentenza di condanna contro l'Italia (multa di 200 milioni di lire come risarcimento danni morali) emessa il 3 luglio 2000 dalla Corte europea dei diritti dell'uomo alla quale aveva fatto ricorso una madre, emigrata in Belgio, cui erano stati strappati i due figli per essere affidati al Forteto.
La Corte di Strasburgo non usò mezze frasi per smascherare la comune-modello e i suoi appoggi: «Questa situazione e i precedenti penali di Fiesoli e Goffredi avrebbero dovuto indurre il tribunale dei minorenni a esercitare una maggiore sorveglianza riguardo al controllo dei bambini all'interno del Forteto, i cui responsabili operano in una comunità che non sembra sottoposta a un effettivo controllo da parte delle autorità competenti». Quando i funzionari europei vennero sul Mugello per un'ispezione, furono accolti da una messinscena: due locali della villa degli orrori trasformati ad hoc in un luogo dove i genitori affidatari vivevano assieme ai bambini, con tanto di lettini e giochi. Le cosiddette «sacre stanze» sono pronte per essere allestite in occasione dei controlli (rarissimi) dei servizi sociali e delle visite (ostacolate il più possibile) dei parenti.
Ma nemmeno in anni più vicini a noi sono mancate le denunce. I dottori Massimo De Berardinis e Marino Marunti erano stati nominati dalla Asl 10 di Firenze responsabili delle Unità funzionali per la salute mentale. Essi hanno esposto più volte ai loro superiori dubbi e perplessità sui metodi del Forteto, in primo luogo le violazioni della legge. «La legge sull'affido - ha dichiarato il dottor De Berardinis - non era assolutamente nulla di quanto si sosteneva» al Forteto, che propugnava «una posizione ideologico/concettuale assolutamente paranoide».
Ma non furono ascoltati, anzi vennero penalizzati nel loro lavoro perché i vertici del Forteto, secondo i dirigenti delle strutture sanitarie, erano «persone perbene». Ascoltato dalla commissione regionale d'inchiesta, il dottor Marunti ha documentato che era stato costretto a subire «un clima di isolamento e mobbing». All'inizio del 2010 ha scelto di andare in pensione anticipata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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