Il bianco e il nero

"La sinistra giudice". "Indossa la divisa...". Vannacci e il libro che divide

I deputati Federico Mollicone (FdI) e Piero Fassino (Pd) sul caso del volume del generale

"La sinistra non sia giudice morale". "No, indossa la divisa...". Vannacci e il libro che divide

Il caso del generale Roberto Vannacci riporta d'attualità il rapporto tra la libertà d'espressione e la censura del politicamente corretto. Per la rubrica Il bianco e il nero ne abbiamo parlato con il meloniano Federico Mollicone e il democratico Piero Fassino.

Cosa pensa del caso del generale Vannacci?

Mollicone: “È vittima della sovraesposizione mediatica, come ha detto il capogruppo Foti in un'intervista, del classico caso estivo, particolarmente enfatizzato, e del fenomeno del "clickbaiting", del titolone e del caso eclatante. Vannacci ha smentito la presenza di frasi omofobe e razziste nel suo libro. Una nota blogger di sinistra - Bubble - ha analizzato testualmente il libro e ha dimostrato che nessuna delle frasi per cui è attaccato non aveva il senso per cui sono state citate, ma sono state decontestualizzate e usate strumentalmente. La lingua italiana ha delle figure retoriche come l'iperbole: basta isolarle e decontestualizzarle per sostenere il contrario di ciò che uno vuole sostenere. È successo anche a me in passato di vedermi attaccato con forme di “character assassination” tramite frasi fuori contesto, che isolate avevano senso contrario rispetto ciò in cui credo. Vannacci ha un curriculum di altissimo livello, con impegni internazionali e diplomatici di rilievo, una figura di spessore nel mondo militare. Ha denunciato alla procura ordinaria militare la mancata tutela e informazione dei soldati nei teatri operativi dove si utilizzava l’uranio impoverito, ricevendo anche il plauso della stampa di sinistra e venendo citato in interrogazioni parlamentari di Rifondazione. Mi chiedo se anche questo non abbia influito su questa repentina iniziativa dello Stato maggiore. Vannacci potrà, nelle sedi opportune, esprimere le sue ragioni e solo alla fine delle opportune verifiche interne, che verranno condotte con serietà e scrupolo e non sull'onda emotiva del momento e delle polemiche di questi giorni, ove venissero ravvisate delle serie e valide contestazioni, ai sensi del Codice dell'Ordinamento militare, verranno avviati i procedimenti disciplinari previsti in ordinamento”.

Fassino: “Credo che chi ricopra incarichi istituzionali, soprattutto in ambito militare, debba evitare di sovrapporre le proprie opinioni alla funzione che ricopre. Molte delle opinioni espresse dal generale sono state vissute come offensive da destinatari. Peraltro, il generale ha giurato fedeltà alla Costituzione che esclude nel modo più assoluto ogni forma di discriminazione verso gli orientamenti culturali, religiosi, sessuali dei cittadini. Mi chiedo: ma nei tanti incarichi di comando ricoperti quali valori ha trasmesso il generale ai suoi sottoposti”.

Crede che il ministro Crosetto abbia agito correttamente?

Mollicone: “Guido Crosetto è un ottimo ministro della Difesa. Ha difeso come ministro l’immagine delle Forze armate ed ha agito da rappresentante delle istituzioni, saranno però gli organi delle Forze Armate a portare autonomamente avanti una verifica e non la politica a decidere se Vannacci abbia seguito le leggi”.

Fassino: “Crosetto nel tentativo di sopire le polemiche ha detto che ha deciso da 'non politico'. Mi pare vero il contrario. Crosetto si è comportato da uomo politico che ha senso dello Stato e delle istituzioni. Cosa che non hanno i tanti che lo hanno attaccato. Colpisce che ad oggi non si conosca l’opinione della Presidente Meloni. Condivide quel che ha deciso Crosetto o quel che proclama Salvini? Un silenzio ambiguo che non accresce certo la credibilità dell’on. Meloni”.

Siamo in presenza di una sorta di censura del politicamente corretto?

Mollicone: “Chi ha letto il libro sa - come ha detto Crosetto stesso - che la critica al politicamente corretto che fa Vannacci l'abbiamo già letta più volte e da fonti diverse. Nessuno ha dato alla sinistra italiana il diritto di autonominarsi censori, agenti morali del politicamente corretto. Non spetta al Pd decidere cosa si può scrivere o non scrivere nei libri. In una democrazia liberale non è compito della politica vagliare la correttezza morale dei contenuti degli scritti”.

Fassino: “Nessuna censura, ma ripeto: chi ricopre incarichi istituzionali ha il dovere del rispetto e della misura. Chi indossa una divisa rappresenta agli occhi dei cittadini le forze armate a cui non si possono accreditare opinioni personali, tanto più quando estreme. Una parte vasta di cittadini si è ritenuta giustamente offesa. E questo rischia di gettare un’ombra sulla credibilità delle Forze armate, che invece sono un presidio essenziale dello Stato democratico”.

Facci, Roccella e Vannacci. Perché le provocazioni o le idee che arrivano da un esponente conservatore diventano subito tema di scandalo?

Mollicone: “Quando il generale Del Vecchio si candidò con il Pd, disse frasi giudicate di natura omofoba, poi si scusò e per Veltroni la questione era chiusa. Dalla sinistra due pesi e due misure. La sinistra di Schlein si vuole attribuire il diritto di decidere cosa si può dire e cosa no, con il riflesso pavloviano del comunismo sovietico. Il Pd non può essere giudice e giuria. Esiste un tema sul giornalismo da “clickbaiting”: da settembre me ne occuperò, in qualità di presidente della Commissione Editoria. Anche le grandi testate e il giornalismo virano verso il sensazionalismo per maggiori visualizzazioni dei siti. È un tema molto serio di autorevolezza dell’informazione e di fiducia nei media su cui il Parlamento lavorerà”.

Fassino: “Perché spesso propongono pesanti arretramenti rispetto al livello di diritti e di democrazia raggiunti dall’Italia. Gli esponenti della destra hanno diritto naturalmente di sostenere le loro opinioni. Ma chi non è’ d’accordo ha un pari diritto di dissentire e di dirlo”.

Qual è il confine che tra la libertà d'espressione e la provocazione fine a sé stessa?

Mollicone: “La Costituzione all’articolo 21 tutela a chiare lettere la libertà di espressione così come dall’articolo 1472 dell’ordinamento militare. Se qualcuno ritiene di essere stato offeso dall’altrui opinione ha gli strumenti per poter chiedere ad un giudice se i limiti che la libertà di espressione incontra sono stati travalicati”.

Fassino: “Con il prepotente avvento dei social si tende più a prediligere la polemica aggressiva a scapito del confronto e della ricerca di comprendere le ragioni dell’altro. Non esiste più dialettica.

E alla libertà di espressione troppo spesso si sostituisce la libertà di insulto”.

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