La Sistina, "stazione radio" per comunicare con Dio

Oggi è blindatissima e supertecnologica, ma la Cappella è stata concepita fin dall'origine come uno "stargate" per colloquiare con lo Spirito

La Sistina, "stazione radio" per comunicare con Dio

I vigili del fuoco vaticani hanno innestato nelle tegole della Sistina il comignolo che calamita i media. Con il suo arcaico codice binario, nero/bianco, è l'unico canale tra conclave e resto del mondo. I tecnici hanno schermato la capsula cosmica con blindature elettroniche da guerre stellari. Nessun messaggio può filtrare dallo scudo. Là dentro, però, s'incurva la più titanica e indomabile antenna parabolica della storia. La sua potenza non si misura in terabyte o in megahertz. Funzione a onde mistiche, di spirito, cultura, fede. Frequenze verso l'infinito, e oltre.
Il congegno lavora da mezzo millennio e qualche scampolo. Il suo costruttore, Michelangelo, la consegnò al committente, Giulio II della Rovere, la vigilia d'Ognissanti del 1512, chiavi in mano. È la volta della Cappella Sistina: 1.100 metri quadrati, 343 squillanti figure, incommensurabile stargate per colloquiare con lo Spirito di Dio. Che sia uno spazio chiuso è un dato sviante. A colpi di pennello, l'artista ha demolito la greve coltre di mattoni gettata nel 1475 dal fiorentino Bartolomeo Pontelli per ordine di Sisto IV. Al suo posto, una «quadratura», una balconata illusoria, architettonica e prospettica, che si apre non su un solo cielo, ma su due. Ai lati corti, due veli d'azzurro purissimo, come se la volta si flettesse in spazi ariosi, su fittizi pilastri. Al centro, il firmamento primordiale e perenne della creazione.

Ma la vera magia visuale è un'altra. Gli elementi aggettanti della quadratura (i piedistalli squadrati su cui si appoggiano gli «Ignudi») sono disposti in base a linee prospettiche che li fanno apparire irreali, sghembi ed erronei a chi li osservi dalle varie aree del pavimento della Cappella. Esiste un solo punto da cui la prospettiva si ricompone nella stupefacente unità originaria. È quello del disco papale, il più interno dei dieci cerchi concentrici del mosaico centrale. È lo spazio destinato alla genuflessione del Papa, prima dei riti. Osservando i piedistalli da questo fulcro, si realizza l'incredibile effetto speciale: le linee prospettiche riacquistano la loro organica potenza. Questo significa che esiste un legame intrinseco tra il «sopra» (la volta, il cielo) e il «sotto» (il pavimento, la terra). È un principio filosofico neo-platonico e cristiano. Non lo si comprende se non si valuta la cultura complessiva di Michelangelo, in particolare il periodo di formazione presso la casa del Magnifico, a Firenze dove, da ragazzo, l'artista ascolta Poliziano, campione del classicismo, Marsilio Ficino, il paladino del neoplatonismo, Pico della Mirandola, il maestro di lingua e cabala ebraiche. È la prima nota di un cantico solenne sciolto al principio supremo dell'armonia, che governa il vortice di colori e figure. La sinfonia armonica si dilata agli sguardi dello spettatore stupefatto che soppesa i temi compositivi. Qui le epoche e le culture si annodano in abbracci vigorosi. Il tempo pagano e classico degli Ignudi e delle Sibille palpitanti fluisce in quello biblico e precristiano della visioni della Genesi.

Della storia umana, nulla è rifiutato o omesso, secondo il più cristallino credo dell'umanesimo religioso. La massa pittorica tridimensionale del profeta Giona se ne può considerare un criptico indizio. Nel progetto michelangiolesco, era la prima apparizione a chi penetrava dall'ingresso originario della Cappella. Non è una figura isolata, ma legata al contesto. Con il gesto del capo indica la volta, invitando e quasi costringendo lo spettatore docile al suo sguardo a seguire la vicenda che si srotola nei dipinti. È la guida del favoloso tour emotivo tra gli albori della storia umana, del rapporto tra i viventi e Dio.

Sembra parlare con il linguaggio del corpo. Le sue gambe esplosive, da scultura fatta di colore, disegnano nell'aria la lettera ebraica «he», che significa «cinque», la cifra che lega il Pentateuco, la Genesi, l'Esodo, il Levitico, i Numeri, il Deuteronomio, il libri mosaici alla radice della fede cristiana. Le dita delle mani intrecciate del veggente architettano la maiuscola lettera «bet», l'incipit della Genesi, il segno che identifica la «casa», la dimora di Dio, il Tempio, limpida epifania di un'alleanza redentrice senza tempo.

«Dispongo che l'elezione del Pontefice continui a svolgersi nella cappella Sistina, dove tutto concorre ad alimentare la consapevolezza della presenza di Dio, al cui cospetto ciascuno dovrà presentarsi un giorno per essere giudicato…»: lo decreta Giovanni Paolo II nella Costituzione apostolica Universi dominici gregis, del 22 febbraio 1996, pubblicata con il sottotitolo esplicativo

«Circa la vacanza della Sede apostolica e l'elezione del Romano Pontefice». È l'investitura del manufatto michelangiolesco a portentosa macchina dell'armonia globale, valore fondante di cui abbiamo tutti una sete disperata.

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