
Roma - Giorni difficili per Antonio Ingroia, il magistrato dei due mondi, che più è lontano dall'Italia (ultimo indirizzo conosciuto, il Guatemala dove combatte la criminalità internazionale per conto dell'Onu) e più sembra presente. Incassato lo schiaffo della Corte costituzionale, che si è pronunciata a favore del Quirinale nella querelle delle intercettazioni a Giorgio Napolitano, il procuratore aggiunto a riposo di Palermo deve ogni giorno contare sul Giornale le firme dei lettori che vogliono querelarlo perché diffamati dalle sue parole sulle presunte origini mafiose di Forza Italia.
Ma niente paura, arrivano i nostri. Scatta il soccorso rosso per Ingroia. A suonare la trombetta della riscossa è Antonio Di Pietro, che di Ingroia è ex collega. «Non entro nel merito ma riaffermo il diritto di ogni cittadino, anche se si chiama Ingroia, di esprimere le proprie idee - spiega il leader dell'Italia dei Valori -. Abbiamo attivato le adesioni online per il sostegno a Ingroia con la e-mail iostoconingroia@gmail.com e con il sito iostoconingroia.it». Insomma, l'ex magistrato di Mani pulite combatte il Giornale sullo stesso terreno plebiscitario. Quanto alla sentenza della Corte costituzionale, Di Pietro annuncia che l'Idv «depositerà un disegno di legge, sia alla Camera che al Senato, affinché la commissione giustizia affronti e risolva» il vuoto legislativo che riguarda le intercettazioni casuali del Capo dello Stato.
Sulle posizioni di Di Pietro si allinea rapidamente Paolo Ferrero, segretario nazionale di Prc, che a proposito della Consulta parla di «sentenza evidentemente politica, che non fa bene alla democrazia» e quanto al Giornale va giù duro: «È vergognoso l'attacco del Giornale a Ingroia e indecente l'ipotesi di causa collettiva: pensino a fare informazione e rispettino il ruolo e la storia del magistrato di Palermo».
E a proposito di soggetti smarriti, ecco anche Oliviero Diliberto, segretario del Pdci (i comunisti italiani, ricordate?). «Noi comunisti - dice Diliberto - abbiamo sempre nutrito il più alto rispetto per le istituzioni e ci siamo costantemente astenuti dal commentare le sentenze. Tuttavia, in un momento come questo ribadiamo la piena fiducia nella procura di Palermo, che abbiamo sempre ritenuto, e certo non da oggi, baluardo essenziale della legalità nel nostro Paese.
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