Dalle abbuffate alla dieta. I tesorieri: dateci più tempo

Come sopravvivere senza i soldi dello Stato

Roma - Facile dire «Abrogazione delle vigenti norme sul finanziamento pubblico», e poi? Passare dalla bulimia dei rimborsi elettorali (finti) più alti d'Europa ad un sistema all'americana - dove i partiti si finanziano con le donazioni private - che nemmeno la Gran Bretagna adotta, sarà uno shock. I tesorieri già mettono le mani avanti: «È chiaro che non si può passare da un regime all'altro in un colpo solo, servirà un periodo di transizione», una fase di assuefazione alla nuova dieta. Periodo lungo quanto? Il premier e l'esecutivo vogliono andare in fretta, «ne va della credibilità della politica» dice al Tg5 il ministro Quagliariello. Altri, però, non nascondono scetticismo per la rivoluzione copernicana del finanziamento dei partiti, a sinistra e a destra. Il sindaco Pd di Torino, Piero Fassino, a La7 avverte che «il segnale è giusto ma la politica costa, e in tutti i Paesi europei è previsto un sostegno pubblico». Stessa cautela da Cicchitto del Pdl («Errore l'abolizione totale»). Se vincerà l'ala abolizionista, maggioritaria almeno a parole, il passo successivo sarà di mettere a punto il meccanismo per tenere in piedi partiti abituati ad essere bonificati, ogni anno, per oltre 100 milioni di euro. Un bel rompicapo.

È inverosimile infatti che la raccolta solo da privati raggiunga quelle cifre. L'ipotesi di inserire nella dichiarazione di reddito un millesimale (dall'1 al 5 per mille dell'Irpef) da destinare ad un partito si scontra con due problemi. Uno di privacy, perché il contribuente dovrebbe dichiarare chi vota. Questo si potrebbe ovviare seguendo il modello Usa, dove i contribuenti al momento della dichiarazione dei redditi possono versare una cifra al Pecf (Presidential election campaign fund), un fondo per la campagna elettorale presidenziale (unica finanziata pubblicamente negli States) gestito dal Tesoro, senza indicare un partito o candidato. Secondo problema, la cassa. I precedenti esperimenti in Italia di finanziamento volontario con le tasse dei contribuenti sono pessimi. Nel '97 si provò col 4 per mille ai partiti, ma l'anno dopo venne cancellato: troppo pochi soldi. Le donazioni del 5 per mille alle fondazioni politiche sono un altro test negativo (si veda articolo a fianco). Gli sgravi fiscali per chi dona, poi, devono essere abbastanza alti per poter incentivare i cittadini ad aprire il portafogli, ma non troppo alti, per non mettere in crisi la Ragioneria dello Stato col mancato gettito. L'altra leva su cui l'esecutivo punta sono i servizi gratis ai partiti.

Un modo per sostenerli ma senza uscite di denaro pubblico: sedi di partito a canone zero, esenzioni postali, elettricità gratis. Qualcuno però li deve pagare questi servizi. Chi? Sempre lo Stato. E finché i conti non tornano, tocca aspettare.

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