Niente più "sì" alla fine dell'Inno d'Italia. Lo stabilisce un decreto del presidente della Repubblica del 14 marzo 2025, adottato su proposta della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 maggio 2025.
Lo Stato Maggiore della Difesa, come rivela Il Fatto Quotidiano, lo scorso 2 dicembre, "ha disposto che in occasione di eventi e cerimonie militari di rilevanza istituzionale, ogniqualvolta venga eseguito ‘Il Canto degli italiani’ nella versione cantata non dovrà essere pronunciato il ‘sì!’ finale". La firma del comando, riportato su una serie di documenti militari, è del generale di divisione Gaetano Lunardo, Capo del I reparto dello Stato Maggiore dell’esercito. "Per quanto precede i Comandi in indirizzo vogliano dare la massima diffusione della presente disposizione a tutti i Reparti di pendenti sino al livello di Stazione SAGF per la scrupolosa osservanza”, si legge nel documento comprensivo di allegato in cui si precisa: "In annesso il D.P.R. 14 marzo 2025 –Modalità di esecuzione dell’Inno nazionale, ai sensi dell’Articolo 1 della legge 4 dicembre 2017, n.181".
In pratica, si tratta di una modifica richiesta dai militari accettata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla base di una scelta «purista». Il testo della legge, infatti, motiva l'eliminazione del ‘sì’ con il "riconoscimento del testo de ‘Il Canto degli Italiani’ di Goffredo Mameli e lo spartito musicale originale di Michele Novaro quale inno nazionale della Repubblica". Sul sito del Quirinale si trova l’esecuzione del 1971 cantata dal tenore Mario Del Monaco che, dopo il verso «Siam pronti alla morte l’Italia chiamò» si conclude soltanto con la musica. Si tratterebbe, dunque, di un adeguamento richiesto dalle bande musicali della modalità di esecuzione dell’inno al testo primigenio di Mameli. Ma se il "sì" è assente nel testo inviato da Mameli a Novaro, è invece presente in quello di Novaro.
Nell’edizione critica curata da Maurizio Benedetti e pubblicata dalle Edizioni del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino nel 2019 si legge che il "sì" fu aggiunto da Novaro ed era questa la versione che aveva scelto Carlo Azeglio Ciampi.