Roma - Niente carcere per un paio di spinelli. La Corte costituzionale dichiara illegittima la Fini-Giovanardi che così decade. In attesa di una nuova normativa, sicuramente necessaria, si torna per forza alla vecchia legge Jervolino-Vassalli con la distinzione tra droghe leggere e pesanti, così come modificata dal referendum radicale del '93. Il consumo, l'«uso personale» di cannabis e marijuana non entra più nella sfera penale e anche le pene e per lo spaccio di questo tipo di droghe diventano più lievi. La prima conseguenza più eclatante sarà la liberazione di tutte le persone attualmente in prigione per questo tipo di reato ma ancora in attesa di giudizio, si parla di circa diecimila persone. Per chiarire il destino di quelli già condannati in via definitiva sulla base della legge appena decaduta invece occorrerà aspettare le motivazioni della sentenza. Attenzione poi al fatto che la Iervolino-Vassalli prevede pene alternative soltanto per condanne inferiori a 4 anni mentre la Fini-Giovanardi arrivava a 6. Dunque ora per tutte quelle superiori resta il carcere. I giudici della Consulta in effetti non sono entrati nel merito del testo e in particolare della controversa e criticatissima norma che ha equiparato le droghe cosiddette «leggere» come la cannabis o l'hashish a quelle «pesanti» come la cocaina o l'eroina. Dunque non è stato messo in discussione quel principio. La Corte ha accolto il ricorso della Cassazione riconoscendo l'«illegittimità costituzionale» del metodo con la quale la legge fu approvata nel 2006. Una tesi sostenuta con autorevolezza da Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Consulta ed ex ministro della Giustizia. Flick ha ipotizzato la violazione dell'articolo 77 che regola la procedura di conversione dei decreti legge. La Fini-Giovanardi all'epoca fu approvata nell'ambito del cosiddetto decreto Olimpiadi che nulla aveva a che fare con la materia stupefacenti, violando dunque il principio costituzionale ribadito pure in una successiva sentenza della Consulta del 2012: non si possono inserire nella legge di conversione emendamenti estranei all'oggetto e alle finalità del testo originario come appunto successe nel caso della Fini-Giovanardi. La decadenza della legge, spiega lo stesso Flick, avrà effetto soltanto «sui procedimenti in corso e non per chi è stato già condannato in via definitiva». Ma su questo punto altri giuristi invece divergono, sostenendo che anche per i condannati sarà possibile chiedere la rideterminazione della pena con un incidente di esecuzione. Se così fosse quando saranno chiarite le motivazioni della sentenza, potrebbero essere scarcerati oltre 20mila detenuti. La sentenza viene accolta con favore non soltanto dagli antiproibizionisti ma anche dal Pd e da Sel. Ma Marco Pannella coglie l'occasione per criticare duramente il Pd, che oggi plaude all'abolizione della legge, e il suo segretario, Matteo Renzi, ricordando che il sindaco di Firenze non aveva firmato i referendum proposti dai Radicali tra i quali c'era appunto anche quello per l'abrogazione della Fini-Giovanardi. Molto preoccupato per questa abolizione in assenza di una normativa più aggiornata rispetto alla indubbiamente superata Iervolino-Vassalli si dichiara il capo dipartimento delle politiche antidroga della presidenza del Consiglio, Giovanni Serpelloni. «La Iervolino-Vassalli è stata fatta in un periodo nel quale si faceva uso di droghe che ora non esistono più - spiega Serpelloni -.
La percentuale di Thc (il principio attivo) nella cannabis allora era del 5 per cento ma ora siamo arrivati al 55. Le norme andranno ridefinite sulla base di una realtà cambiata anche per l'arrivo delle droghe sintetiche». Critiche all'abolizione anche da parte di molte Comunità di recupero come quella di San Patrignano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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