RomaÈ già guerra civile, tre stelle da una parte e due dall'altra. Venti di scissione sempre più forti soffiano sul Movimento 5 stelle. E la domanda cruciale ora è: dove andranno i dissidenti? Il sospetto di molti è che facciano rotta su Bersani, per appoggiare il sogno dello «smacchiatore» di ribaltare il governo Letta e arrivare a Palazzo Chigi. Le intenzioni dichiarate sono altre: rifondare il Movimento, senza diktat dall'alto e senza svendersi.
L'appuntamento di domani, con l'assemblea congiunta dei gruppi grillini di Camera e Senato, diventa dunque il teatro della resa dei conti. La questione sul tavolo - l'espulsione della senatrice Adele Gambaro, per via delle critiche rivolte al leader alle telecamere di Sky - è il pretesto per lo scontro tra le due anime di M5S. Ultrà contro dissidenti, senza esclusione di colpi. E il match si concluderà con una più che probabile frattura, portando alla nascita di un nuovo gruppo di «fuoriusciti» dalla galassia di Beppe. La soluzione è dolorosa per buona parte dell'elettorato stellato - che sulla democrazia interna si divide nei commenti sul web - ma potrebbe essere benedetta da entrambe le parti in causa. Di certo non dispiace ai duri e puri. I fedelissimi di Beppe (che, chiamato in causa come «problema», sta tenendo un basso profilo: martedì però M5S Roma manifesterà davanti a Montecitorio in suo sostegno, mentre un'altra tegola arriva dall'ex Giovanni Favia, che annuncia denuncia alla Polizia postale per «le offese che Grillo non modera sul suo blog») potrebbero in un colpo solo fare piazza pulita dei dissidenti, considerando tutti coloro che sono contrari a delegare alla «rete» il defenestramento della Gambaro quali traditori di un «principio fondamentale del movimento», come ha osservato l'ex capogruppo al Senato Vito Crimi. E dunque, colpevoli di apostasia del web, dovrebbero condividere il destino della senatrice «ribelle». Abbandonando le truppe pentastellate. L'emorragia di parlamentari - i mal di pancia sono soprattutto a Palazzo Madama - è considerata, insomma, il male minore dagli integralisti della linea-Grillo che, consumata la lacerazione, sperano di mettersi alle spalle i continui contrasti e le divisioni, a cui imputano i problemi a Palazzo del movimento. Meno univoco appare l'obiettivo dei dissidenti. Alcuni sperano ancora in una possibile mediazione, altri sono attestati su posizioni più apertamente scissioniste, esacerbate dall'ultima polemica scatenata dall'anatema grillino contro la Gambaro. Questi ultimi sarebbero già al lavoro sulla bozza di uno statuto per battezzare un nuovo gruppo parlamentare che accolga «espulsi» e scontenti, da subito o in futuro, promettendo una linea politica affine a quella del movimento d'origine ma con un approccio più democratico e meno intransigente verso il dissenso. La scissione dei gruppi è più facile al Senato dove si concentrano le divisioni maggiori e dove bastano dieci parlamentari per formare un nuovo gruppo, contro i venti richiesti a Montecitorio. L'ultimo appello per una composizione della frattura sarebbe una sospensione della decisione sulla Gambaro.
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