È risaputo: quando si alza lo spread e chi vive di stipendio non arriva a fine mese, le gonne si allungano e gli stilisti prendono le distanze dal minimalismo. Non a caso le più belle sfilate in passerella ieri a Milano hanno proposto alle donne di «apparecchiarsi» per il prossimo inverno come madonne barocche (Dolce&Gabbana) oppure come icone bizantine in salsa militare (Ferragamo) o, ancora, come un affresco di artisti rinascimentali quali Mantegna, Correggio e Donatello (Aquilano e Rimondi). C'è anche chi preferisce puntare su un altro tipo di opulenza più sussurrata e a prima vista meno evidente (Trussardi e Missoni), ma l'idea di fondo resta sempre il massimo della ricercatezza contro la crisi.
«Veniamo richiamati a fare noi stessi» dicono Domenico Dolce e Stefano Gabbana poco prima di far sfilare l'ennesima magnifica reinterpretazione estetica del barocco siciliani. Gli elementi non cambiano mai: pizzi, ricami talari, stampe di fiori, putti, angeli, amorini sapientemente mescolate con preziosissime decorazioni tipo i gioielli da mettere in testa sotto forma di pettinini o cerchietti incrostati da perle scaramazze per non parlare dei pendenti o delle collane con riproduzioni in resina delle ceramiche di Capodimonte. Tutto questo che in altre mani sarebbe sempre bellissimo ma probabilmente stucchevole, nelle loro diventa una grandiosa sfida al vuoto di valori che da troppo tempo serpeggia nel mondo delle passerelle. Ci vuole coraggio per restare fedeli a se stessi e il magico duo è indubbiamente coraggioso nel puntare sull'evoluzione di una tradizione ormai consolidata come il proprio DNA, piuttosto che lanciarsi nell'ossessiva ricerca del nuovo. Per altro non manca nemmeno quello sotto forma di un inedito pizzo in twill di seta effetto vaso di madreperla, oppure nelle superbe mantelle corte usate al posto della giacca negli impeccabili tailleur Dolce&Gabbana per non parlare della versione lunga che sostituisce il cappotto.
Dello stesso segno e perfetta in tutte le sue parti la collezione disegnata da Massimiliano Giornetti per Ferragamo. Il giovane e talentuoso stilista dotato di un'educazione a prova di bomba, ha immaginato una parata militare nella Russia del Dottor Zivago. «Ho usato l'estetica russa al tempo stesso rigorosa e romantica ma mai stucchevole per contrapporre la forza alla fragilità» spiega poco prima della sfilata. Ecco quindi i meravigliosi pastrani degli ufficiali degli zar contrapposti ai romantici completi gonna e blusa con l'inconfondibile stampa Paisley degli scialli balcanici, gli abitini in pizzo di maglia e i sontuosi stivali ricamati con le stesse decorazioni militari che compaiono in canottiglie dorate su una divina gonna dritta. Tutto ha un sapore etnico e insieme contemporaneo, paragonabile solo alla collezione russa fatta da Saint Laurent negli anni Settanta, una pietra miliare della moda. Da Aquilano e Rimondi c'è qualcosa di struggente nella ricerca maniacale del bello all'italiana. «Questi tessuti si possono fare solo qui» dicono i due stilisti mostrando incredibili modelli in neoprene misto a seta incrostato di pietre, canottiglie e cristalli.
Il massimalismo di Trussardi sta nell'impeccabile traduzione in moda di un'elegante viaggiatrice europea che aggiunge ai suoi divini tailleur pantalone in velluto mille righe il sombrero peruviano, oppure usa il poncho al posto della gonna, ma non rinuncia alle sue belle giacche sartoriali di gusto maschile e agli accessori più chic del mondo.
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