Carriere rigogliose. Profili importanti e anche un po' austeri. Curricula prestigiosi con targhetta che luccica nei convegni. Poi, voci e sussurri, ecco la candidatura al Quirinale. Il palazzo più importante d'Italia. Dovrebbe essere la consacrazione finale invece no: d'incanto qualcosa si spezza. La fortuna si volta da un'altra parte. La ruota gira. Cominciano gli scivoloni e gli incidenti. Una frase infelice o, peggio, un capitombolo. E l'ascesa irresistibile si tramuta in declino. È il destino che sembra aver ghermito anche la fin qui inappuntabile Anna Maria Cancellieri, amata dal Quirinale e secondo molti destinata alla presidenza della Repubblica. Il suo percorso rischia di fermarsi nella palude delle sollecitazioni e delle intercettazioni del caso Ligresti. Lei si difende con forza e non arretra ma ormai dal Pd ai grillini è tutto un coro che ripete una parola sola: «Dimissioni».
Prima di lei, come lei, è accaduto ad altri personaggi di prima fila, arrivati in prossimità del Colle più alto e poi precipitati nella realtà quotidiana delle imboscate, dei tradimenti, delle faide. O, ancora, delle gaffe e delle frasi mal calibrate. Le ragioni sono diverse, il risultato è sempre lo stesso: fine dei sogni di gloria. La galleria dei decaduti è lunga: Franco Marini, Romano Prodi, Stefano Rodotà, Mario Monti. E oggi, in ossequio alle quote rosa, si spengono i sogni di una donna che non aveva sbagliato una mossa. Così il doppio mandato di Napolitano si allunga ancora, se possibile, e comincia a configurarsi come una monarchia: quello di re Giorgio I. Il caso forse più drammatico e a tratti inspiegabile è quello di Mario Monti. Era considerato una riserva della Repubblica, poi Giorgio Napolitano l'aveva tirato fuori dalla naftalina e l'aveva rivestito con i panni del senatore a vita. Lo davano in corsa per il Quirinale, poi è successo quel che sappiamo: la fine mesta dell'esperienza di governo, le alleanze politiche proiettate verso il vecchio che avanza, la scomposizione di un partito, Scelta civica, morto nella culla e persino gli imbarazzanti fuori onda con la signora Elsa sulla pipì di Empy. Un tramonto malinconico a due livelli: Monti ha perso il feeling con l'opinione pubblica ed è sceso dal piedistallo della sua reputazione.
In questo contesto il Quirinale diventa un miraggio. Invalicabile come lo è stato per Romano Prodi e Franco Marini. Prodi era predestinato alla presidenza della Repubblica e qualcuno ritiene che abbia ancora qualche chance. Ma per ora è rimasto al palo, vittima del fuoco amico dei franchi tiratori del Pd, il suo stesso partito. Più o meno lo stesso scenario in cui è maturato ed è stato bruciato il nome di Franco Marini, ritenuto un punto di equilibrio fra centrodestra e centrosinistra e diventato invece il bersaglio di una agguerrita e folta pattuglia di dissidenti in casa Pd. Così i democratici hanno affossato le speranze di chi era in pole position e hanno costretto il Parlamento a inginocchiarsi davanti a Napolitano, acclamato per la seconda volta alla più alta carica dello Stato. Di fatto trasformato in un monarca. Rodotà, che sulla veneranda soglia degli ottant'anni sembrava aver trovato una seconda giovinezza, è rimasto impigliato nelle polemiche fra Pd e grillini e si è impiccato da solo con poche, infelici parole sui nuovi terroristi di oggi. «La lettera inviata dalle Br ai no Tav - se n'è uscito lo studioso del diritto - non è giustificabile ma è comprensibile». Un infortunio clamoroso. In quel momento, il ponte levatoio si è chiuso definitivamente e Rodotà è uscito di scena.
Ora ad essere eliminata dalla corsa potrebbe essere Annamaria Cancellieri. È la maledizione del Quirinale. Per Giorgio Napolitano, in mancanza di un'alternativa, si profila una sorta di mandato a vita. Una corona senza scadenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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