Tutta Italia come Lampedusa. Come se nell’ultimo anno fossero arrivati settecentosettacinque immigrati al giorno. Dietro il consueto rapporto Istat sui flussi migratori nel nostro Paese, un dato inedito. Per la prima volta nella storia gli stranieri regolari toccano quota 3.432.651, 493.729 in più al 1° gennaio 2008 (+16,8 per cento, è record). Si tratta di cittadini residenti, con loro la popolazione sul territorio nazionale sfiora il traguardo dei 60 milioni. Ma stavolta le sanatorie non c’entrano.
L'escalation romena Italia terra di approdo specie per chi proviene dall’Est europeo, ormai oltre il 47 per cento sul totale dei residenti stranieri. E nel giorno del vertice intergovernativo con il primo ministro Calin Popescu Tariceanu ospite di Silvio Berlusconi a villa Madama, una certezza. I romeni da noi non sono mai stati così tanti, mai cresciuti ad un simile ritmo in soli dodici mesi: più 82,7 per cento, da 342mila a 625mila, un exploit senza precedenti. «Anche se parlare di nuovi “sbarchi” è improprio - fa notare Domenico Gabrielli del Servizio popolazione dell’Istat -. Piuttosto siamo di fronte all’emersione di individui già presenti nel Paese. È probabile, infatti, che la maggior parte dei romeni abbia usufruito nell’ultimo periodo dell’ingresso della Romania nell’Ue e delle normative per acquisire la regolare residenza». Sta di fatto che nel giro di un anno i migranti di Bucarest hanno superato albanesi, marocchini, cinesi e filippini, affermandosi come prima cittadinanza residente in assoluto. Uno su tre vive a Roma, 41mila nella provincia di Milano. Del resto le comunità immigrate si concentrano nei capoluoghi di provincia e al Nord (35,6%), in misura molto minore al Sud. Sempre nel Milanese si sono stabiliti il 10 per cento degli stranieri, un livello addirittura maggiore rispetto a intere Regioni ad alto richiamo occupazionale come Veneto, Emilia Romagna e Lazio.
Da Bucarest ai cantieri Secondo un altro studio, promosso dal governo di Bucarest, i romeni sono oltre un milione, compresi i non (ancora) residenti. Questo il profilo tipico di chi varca le frontiere italiane nella speranza di un presente dignitoso: 35 anni, diplomato o addirittura laureato, stipendio medio sui mille euro al mese guadagnato nei cantieri, nei ristoranti, negli alberghi, nell’assistenza familiare. Una quota rilevante di denaro fa il percorso inverso verso i familiari rimasti in patria. I rom romeni, capitolo a parte, sarebbero circa 120mila.
"Due paesi amici" Intanto nell’incontro di ieri si è discusso in primo luogo di lotta alla criminalità. «Resta il grande contributo alla nostra economia dato dai lavoratori romeni. Il problema è che qui arrivano persone senza professionalità e senza mestiere, che quindi per vivere si danno alla delinquenza», ammette Berlusconi. «I ministri degli Interni e della Giustizia stanno lavorando per mettere a punto in tempi brevi una norma che faciliti il rimpatrio dei cittadini giudicati colpevoli di reati», annuncia il presidente del Consiglio. «Con un accordo bilaterale non ci sarà più il rischio che il trasferimento venga bloccato dal mancato assenso del singolo Paese. La cooperazione giudiziaria e di polizia continuerà a rappresentare un’importante priorità comune». Il 12 ottobre entrerà in vigore il patto che riguarda i minori romeni non accompagnati, che faciliterà le procedure per il loro accompagnamento in patria. Sulla questione rom, i primi ministri intendono «rafforzare l’inclusione sociale e l’uso dei fondi Ue destinati a questo scopo, coinvolgendo le autorità locali». Berlusconi insiste: «A Roma, in particolare, me ne sto occupando personalmente assieme al sindaco Alemanno».
Tariceanu ha ricordato che il governo romeno farà di tutto «per difendere i diritti dei connazionali in Italia», in quanto «meritano lo stesso trattamento degli altri cittadini europei da parte delle autorità italiane», ma che i romeni «hanno l’obbligo di osservare le leggi del Paese che li accoglie». Un pensiero alla cronaca recente: «Casi isolati stanno creando un’immagine negativa della Romania. Finale ambiguo: «È vero, però, che i governi hanno la responsabilità della sicurezza».
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