Milano Come suo costume e quando il clima è bollente, Sergio Marchionne irrompe nel dibattito socio-economico in corso nel Paese. E parla di lavoro, stato sociale, diritti e doveri, ideologie, senza tralasciare i suicidi degli ultimi giorni, «lo specchio - commenta - di una situazione insostenibile e di sofferenze umane legate al mondo del lavoro, quel lavoro su cui è fondata la nostra Repubblica e che sta scomparendo sotto i colpi della crisi». Lad della Fiat non usa mezze parole quando si rivolge agli studenti della Bocconi di Milano. E lo stesso fa, nel pomeriggio a Torino, a un convegno dellamico Luca di Montezemolo. Il suo, riferendosi alla piaga della disoccupazione, è un vero allarme: «Le regole di oggi - afferma - non ci proteggono dalla crisi e non hanno la capacità di gestire i cambiamenti. Quelle stesse regole, pensate per difendere il lavoro, ci hanno portati a una situazione in cui la cosa più difficile è creare lavoro». Il messaggio che Marchionne lancia alle parti sociali (in particolare a Cgil e Fiom) è chiaro: bisogna chiudere con il passato e raccogliere la sfida del cambiamento, sullesempio di quello che è avvenuto a Pomigliano. «A volte - aggiunge - accade che le grandi conquiste portino effetti diversi da quelli attesi. Così sta succedendo con il nostro welfare state: un sistema di protezione del lavoro e dei lavoratori pensato per aiutare i più deboli, che per molti anni è stato indicato e preso a esempio». Il richiamo a battere nuove strade «senza ideologie e senza tabù», secondo Marchionne, «è inevitabile se si vuole costruire un futuro allaltezza delle nostre ambizioni di crescita». Per essere più incisivo, il responsabile del Lingotto si rifà ai movimenti studenteschi del 68, «un periodo - osserva - che ci ha permesso di compiere enormi passi avanti nelle conquiste sociali e civili, ma che ha avuto, purtroppo, un effetto devastante nei confronti dellatteggiamento verso il dovere. E così, se continuiamo a vivere di soli diritti - al posto fisso, al salario garantito, al lavoro sotto casa, a urlare, sfilare e pretendere - di diritti moriremo». Per questo Marchionne invita a «tornare a un sano senso del dovere, alla consapevolezza che per avere bisogna anche dare». La riforma del lavoro, a tale proposito, «va fatta».
È questo, dunque, lapproccio realistico del quale Marchionne sollecita ladozione allo scopo «di rimettere in moto il sistema», soprattutto alla luce, ricorda ancora, dei gesti drammatici che hanno coinvolto, in modo indistinto, operai, artigiani e imprenditori». Gli fa eco, sul tema, Montezemolo: «Prioritario è un abbassamento delle tasse sulle imprese, non sugli imprenditori, perché il Paese corre il rischio di distruggere lindustria e i posti di lavoro».
Si può dire che Marchionne, già artefice della rivoluzione nelle relazioni industriali, oltre a lanciare lallarme sul rischio-diritti, anche se si schermisce («io consigli a Monti? ognuno fa il suo mestiere»), detti ora le regole di una partita dalla quale, comunque, il Paese può uscire vincitore.
Suicidi degli imprenditori Marchionne dice basta: «Situazione insostenibile»
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