Nel nostro Parlamento si litiga per vocazione. Ogni occasione è buona per trasformare in rissa qualsiasi torneo che dovrebbe rimanere nell'ambito dell'eloquenza e del ragionamento. Niente da fare. Prendiamo il finanziamento pubblico ai partiti. Trascuriamo il referendum che «anticamente» lo abolì e anche la leggina ad hoc approvata subito dopo per rendere vano il plebiscito e reintrodurre lo stesso finanziamento sotto mentite spoglie, quelle dei rimborsi elettorali. Un autentico imbroglio ai danni degli italiani. Parliamo piuttosto del recente passato.
La cosiddetta antipolitica, di cui Beppe Grillo è un campione, ha riproposto in forma drammatica l'esigenza di eliminare o quantomeno ridurre la quantità di denaro pubblico destinata alle segreterie. E su questo punto sensibile egli ha imbastito con profitto l'ultima campagna elettorale, nel febbraio scorso. Difatti il M5S ha rimediato alle urne voti a sufficienza per condizionare la vita politica nazionale. L'antipolitica paga. Cosicché anche il Pd e il Pdl, per cavalcare l'onda, hanno cominciato a predicare: taglieremo il finanziamento per dimostrare che siamo bravi e diamo un buon esempio ai cittadini costretti a fare tanti sacrifici per campare. Se si sacrificano loro, ci dobbiamo sacrificare pure noi.
Belle parole. Ma soltanto parole. Mai tradotte in atti concreti. Poi arriva il giorno del giudizio: ieri. Si trattava di imbastire un accordo. Apriti cielo. I grillini esprimono con la consueta delicatezza il loro punto di vista: siete tutti ladri. Testuale. Perché ladri? Perché i colleghi del Pd e del Pdl, consapevoli che la politica non si fa con i sospiri e le buone intenzioni, hanno ribadito il concetto: limare i contributi va bene, è indispensabile, ma abolirli del tutto significa ammazzare la democrazia. Già, i partiti non vivono d'aria. Ma i seguaci dell'ex comico respingono la teoria. Affermano che tutti coloro i quali incassano soldi pubblici sono appunto ladri. Una semplificazione rozza ma efficace.
La bega è inevitabile: invettive molto colorite, urla da stadio, spettacolo indecente. Ma non importa. Alla fine della boxe, la maggioranza riesce a intendersi e stabilisce di dimezzare gli attuali rimborsi - un passo avanti - e di compensare i minori introiti dando la facoltà ai privati di versare degli oboli ai partiti, da potersi detrarre dalle tasse.
Occhio, però. Il problema era stabilire un tetto a tali oboli altrimenti il ricco Berlusconi avrebbe fatto la parte del leone. Sia come sia, Pd e Pdl in qualche modo si sono incontrati in un compromesso.
Dopo mesi e mesi, per non dire anni, la questione è avviata a soluzione. Speriamo.
Ma la bagarre parlamentare non si è esaurita qui. Il pretesto per continuare a «menarsi» è stato fornito ai signori del Palazzo dalla Bossi-Fini: la sinistra, cui la legge non piace, fa il diavolo a quattro per abolire il reato di clandestinità.
A quelli del Pd inopinatamente si sono accodati un paio di senatori grillini, suscitando l'ira del padrone del vapore, cioè Grillo. Che li ha presi per il bavero: la clandestinità non è nel nostro programma, pertanto ritirate i vostri emendamenti scritti a capocchia.
Lasciamo immaginare ai lettori il clima nelle aule dove si sono svolti i match. Qualcuno ha osservato: Grillo sta perdendo il contatto con il suo elettorato. Altri invece sostengono: i grillini si sono montati la testa e pretendono di agire autonomamente.
Siano i lettori a emettere la sentenza. Noi aggiungiamo soltanto una considerazione: se questo è il clima e se questo è il livello di deputati e senatori, probabilmente la legislatura, ammesso che duri, passerà alla storia. Del pugilato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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