Roma - Si gioca anche sulle unioni civili la partita sempre più difficile del governo. Un tema, quello della regolamentazioni delle cosiddette coppie di fatto, che attualmente è - dopo la nuova legge elettorale - il file sottolineato in rosso nell'agenda dell'esecutivo Letta, scompaginata dal ciclone Renzi ma pur sempre leggibile. Quella su cui oggi - finite le vacanze - inizieranno a intrecciarsi gli incontri al vertice.
Nei giorni scorsi i toni sulla questione sono stati aspri, a causa dell'entrata a gamba tesa del nuovo segretario del Pd, che ha inserito il riconoscimento delle unioni gay in cima alle voci del capitolo diritti civili del patto di coalizione in salsa renziana. Una provocazione bella e buona, un modo per alzare la posta, per dare uno sbaffo di evidenziatore alle questioni che dividono piuttosto che a quelle che uniscono. E infatti il leader del Nuovo centrodestra Angelino Alfano ha frenato subito, con una reazione pavloviana: «Non si può pensare alle unioni civili senza pensare prima alle famiglie», intendendo quelle tradizionali. E i renziani a controreplicare saputelli: «Contrapporre questa disciplina alle politiche per la famiglia è un modo torbido ed ideologico di affrontare la questione. Cosa ha fatto Alfano per la famiglia dal 2008 ad oggi? Cosa ha fatto da quando cioè è al governo di questo Paese?».
Una frattura apparentemente insanabile. Ed ecco così entrare in scena il grande mediatore, Enrico Letta. Il premier sente il fiato sul collo del grande sparigliatore Renzi e per allontanare la prospettiva delle urne - che il sindaco di Firenze vuole a tutti i costi malgrado i tempi strettissimi per varare la nuova legge elettorale, ed è per questo che strappa in continuazione come un ciclista che progetta la fuga - deve blindare l'esecutivo evitando lacerazioni irrammendabili. Le diplomazie, come filtra da Palazzo Chigi, sono già al lavoro. Sullo sfondo la volontà comune di lettiani e alfaniani di dare altro «minutaggio» al governo scollinando la boa di fine marzo, quando si chiuderà la finestra per votare a maggio nella data europea, ciò che potrebbe spingerli, al di là delle rigidità di facciata, ad accettare qualche mediazione su un tema apparentemente non negoziabile. Ma perché questo accada a Palazzo Chigi devono puntare su tre parole d'ordine: deideologizzazione, alleggerimento, compensazione.
Deidologizzazione vuole dire abbassare i toni, soprattutto quelli sprezzanti utilizzati dai parvenu dell'inner circle del nuovo padrone del Pd ed evitare di fare delle unioni civili terreno di scontro tra bandiere, come sta cercando di fare Renzi. Un tranello in cui Alfano è già, come visto, parzialmente caduto. La sfida di Letta è shiftare il dibattito sul terreno della pura trattativa politica in nome del comune risultato, quello cioè di ottenere il risultato che tutti vogliono - la tenuta del governo - accontentando un po' ciascuno. E qui entra in campo l'alleggerimento: vale a dire lo studio di una soluzione «mini» alla questione, che preveda un riconoscimento dei diritti delle coppie gay senza una formale parificazione delle unioni civili al matrimonio. Parola, quest'ultima, che dovrebbe essere evitata proprio in quanto bastione della tradizione, e quindi tabù inviolabile. Infine la compensazione: l'Ncd riuscirebbe a far digerire meglio al proprio elettorato naturalmente cattolico e conservatore un qualche passo avanti sul tema delle unioni civili se questo fosse accompagnato dall'allargamento dei cordoni della borsa a favore delle politiche per la famiglia. Quella tradizionale, s'intende. Do ut des.
Tutto molto vecchia politica, tutto molto democristiano, come da patrimonio genetico di Enrico e Angelino. Ma il sentiero è stretto assai. Il battito cardiaco del governo delle medie intese dipende più dal calendario risicato che da un accordo sulle unioni civili. Scommettiamo?
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