La Svizzera archiviò il caso Mediaset. Ma i giudici italiani lo nascondono

Nel processo gemello, per i magistrati elvetici non c'era reato: per comprare i film Paramount bisognava passare da Agrama. Una verità ignorata dai nostri giudici

La Svizzera archiviò il caso Mediaset. Ma i giudici italiani lo nascondono

«Quanto appreso e ricevuto finora dalle autorità italiane sul presunto reato pregresso al reato di riciclaggio eventualmente commesso dagli imputati non appare sufficiente a costruire nel procedimento elvetico tutti gli elementi costitutivi dell'infrazione di amministrazione infedele». È con queste parole che il 15 dicembre 2010 il giudice istruttore svizzero Prisca Fischer chiede l'archiviazione, o meglio la «desistenza» come si chiama nel Canton Ticino, dell'inchiesta su quattro manager Mediaset avviata nel 2005 sulle somme ricevute per l'acquisto di diritti tv di film e programmi Paramount dal produttore americano Frank Agrama, ritenuto in Italia il «socio occulto» di Silvio Berlusconi. Puntualmente, il 20 maggio 2011, il pm federale archivia tutto.

Si tratta dell'inchiesta gemella e parallela a quella che il pm Fabio De Pasquale ha iniziato nel 2001 alla Procura di Milano. Ma mentre in Svizzera tutto si ferma perché non c'è il reato, al contrario in Italia si va avanti con il rinvio a giudizio, la prima condanna nel 2012, quella d'appello a maggio scorso fino alla definitiva in Cassazione del primo agosto di Berlusconi, Agrama e dei manager Mediaset coinvolti.

Le circa 40 pagine di conclusioni delle indagini svizzere, finora inedite, non vengono acquisite agli atti nel processo Mediaset e probabilmente sono sconosciute anche ai legali degli imputati ora condannati dalla giustizia italiana.

Eppure, anche se in questa inchiesta né il leader Pdl né il produttore americano sono indagati, poteva o doveva portare anche gli inquirenti milanesi (che certo ne erano a conoscenza) ad opposte conclusioni. Forse, avrebbero potuto cambiare la storia del processo Mediaset, così come l'abbiamo vista in questi anni. Perché il pm Mastroianni, che inizia le indagini svizzere, parte dallo stesso teorema di De Pasquale, quello di un consolidato sistema per gonfiare i prezzi dei prodotti Paramount da Agrama e creare fondi occulti all'estero con il pagamento di consulenze d'oro ad alcuni manager Mediaset.

E per anni, la giustizia svizzera fa accertamenti propri, ma anche sulla base degli atti dell'inchiesta italiana, in particolare sulla maxi-perizia tecnica affidata nel 2006 dalla Procura milanese alla società Kpmg che presenta la sia corposa relazione il 10 settembre 2009.

Questa relazione il giudice Fischer la esamina dettagliatamente e la mette a confronto con le prove acquisite direttamente a Berna e con le audizioni di testimoni, come la dirigente della tv pubblica svizzera Srg Ssr che ha acquistato, come Mediaset, Rai e altre emittenti straniere, i diritti da Agrama, le cui dichiarazioni sono state pubblicate pochi giorni fa dal settimanale Tempi.

E i conti non tornano, per il magistrato elvetico: il reato di riciclaggio e prima ancora quello di amministrazione infedele che da noi si chiamerebbe appropriazione indebita, non ci sono. Né, sembra di capire, i costi gonfiati ad arte, che rappresentano la provenienza illecita, o meglio criminale, del denaro.

«Tra il rapporto Kpmg e le spiegazioni fornite dalla Srg Ssr Idee Suisse - scrive nel suo rapporto finale la Fischer - esiste una discrepanza importante attorno al termine di “intermediario” più volte utilizzato da Kpmg e in generale dalle autorità italiane riferendosi a Franklin Agrama. Da Srg Ssr Idee Suisse si è appreso che, contrariamente a quanto afferma Kpmg il mercato dei diritti televisivi non è facilmente analizzabile nella misura in cui i programmi da diffondere sono vendibili sempre e solo da un'entità, sia essa il produttore o chi per primo ne ha acquistato i diritti».

Insomma, per il giudice istruttore Agrama non solo non era socio occulto di nessuno, non solo non era un intermediario fittizio come afferma la Cassazione, ma neppure era un semplice intermediario: era di più, il titolare e proprietario dei diritti tv Paramount per l'Italia e i Paesi di lingua italiana, l'unico a cui ci si potesse rivolgere per acquisire film e programmi doppiati nella nostra lingua. «Per un certo numero di anni - spiega ancora la Fischer- Agrama, e lui solo, aveva da vendere per l'Italia il prodotto Paramount... Come si sia trovato tra le mani un tale potere all'interno del mercato dei diritti televisivi è un quesito al quale il rapporto Kpmg non risponde». E al giudice svizzero non interessa: la cosa accertata è che questo signore faceva il mercato, in quel settore, e determinava i prezzi. L'unica alternativa, aggiunge, per chi trovasse troppo alti i prezzi di questi prodotti era «acquisire programmi simili i cui diritti di trasmissione sono detenuti da entità diverse». Cioè acquistare, ad esempio, altri film dalle concorrenti Fox o Metro Goldwyn Mayer.

Se invece la tv svizzera voleva trasmettere, come tutte quelle maggiori, capolavori di successo come Forrest Gump o Mission impossibile poteva acquistarli esclusivamente da Agrama, che non li vendeva neppure singolarmente ma in un package, un pacchetto che comprendeva anche film scadenti

o vecchi. Il che, naturalmente, incideva sul prezzo complessivo. Questo, spiega la Fischer, era però «un passaggio obbligatorio». C'è da chiedersi come tutto questo si concili con il teorema «benedetto» dalla Cassazione.

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