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Tangente da un milione ai compagni dell'Aquila

La tangente rossa da un milione fa tremare ancora L'Aquila. La confessione di un imprenditore ai pm: "Mazzetta destinata a tre politici". Il sindaco Cialente conferma le dimissioni

Tangente da un milione ai compagni dell'Aquila

La tangente rossa da un milione fa tremare ancora L'Aquila. L'inchiesta sulle mazzette negli appalti della ricostruzione del capoluogo abruzzese, che coinvolge la giunta comunale a guida centrosinistra e che ha portato alle dimissioni del sindaco del Pd Massimo Cialente entra nel vivo e la supermazzetta non è più un'entità astratta. A parlarne è Cesare Silva, l'imprenditore a caccia di affari nella città distrutta dal sisma del 6 aprile 2009, che si vide aggiudicare il cosiddetto terzo Sal (stato avanzamento lavori) comprendente il puntellamento di Palazzo Carli ma si sarebbe poi visto incastrato in un sistema che puntava a un montepremi assai più sostanzioso. Silva agli agenti dello Sco racconta che il suo collega Daniele Lago, titolare della Steda, gli avrebbe garantito, anzi giurato sui suoi figli, di aver versato personalmente 800mila euro destinati a tre politici, che ora diventano i personaggi chiave di questa vicenda: «Trecento, trecento e duecento», avrebbe detto Lago. Il malloppo sarebbe stato «una tangente dell'uno per cento di lavori futuri da eseguire». La posta in gioco, insomma, era di ottanta milioni.

Una grande truffa ai danni degli abitanti di una città che già troppe lacrime versa da quasi 5 anni per poter sopportare anche gli appetiti degli affaristi. Una truffa per coprire la quale furono utilizzati complessi artifici contabili. La maxi tangente sarebbe stata mascherata con una fattura taroccata che avrebbe indirizzato i soldi su un conto di favore presso una banca. E in mezzo ci sarebbe anche il Comune a guida Pd, che non a caso avrebbe utilizzato per pagare il terzo Sal, la pietra dello scandalo, una procedura anomala.

Tra i destinatari della mazzetta - sempre secondo il racconto di Lago - non ci sarebbe però il sindaco Cialente. Il quale ieri ha confermato di volere lasciare la poltrona di primo cittadino (le dimissioni presentate il 12 gennaio diventeranno irrevocabili il 1° febbraio). «Le mie dimissioni - ha detto ieri - sono un sacrificio umano per spiegare agli italiani cosa stia succedendo veramente all'Aquila. Lo ha detto il pm aquilano Cardella: all'Aquila non c'è un “sistema aquilano”, ma un sistema “sopra L'Aquila”». Un sistema «del quale noi aquilani siamo vittime di grandi interessi, politici, accademici, immobiliari». Cialente lancia poi un grido di dolore e tira in ballo anche il governo: «No, non credo dietro questa vicenda ci sia Letta, ma un pezzo di governo sì.

È un dato di fatto, la verità da dire agli italiani è che il governo non si è mai seduto intorno a nessun tavolo: insomma, è evidente, nessun medico si vuole avvicinare al letto di un malato grave quale è L'Aquila».

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