Il denaro costa poco, quasi zero. Eppure chi paga un mutuo non se ne accorge. Il presidente della Bce, Mario Draghi, la scorsa settimana ha tagliato i tassi allo 0,25%, ma oggi chi volesse acquistare una casa con un mutuo a tasso fisso ventennale pagherebbe il finanziamento a un interesse annuo che compreso tra il 5,5 e il 6%, a seconda dei vari istituti di credito. Ebbene sì, il mercato del credito funziona un po' come quello dei carburanti: anche se il prezzo del petrolio scende, non è detto che la benzina dal distributore costi di meno. Accise e tasse di vario genere rendono le oscillazioni del mercato praticamente ininfluenti ai fini della vita quotidiana. Cerchiamo allora di capire perché la politica monetaria «espansiva» (si definiscono così i provvedimenti volti ad aumentare la liquidità sul mercato) di Mario Draghi non portino beneficio al cittadino comune. Senza scadere in facili populismi, l'opera di stabilizzazione del mercato unico ha finito col «raddrizzare» più i bilanci delle banche che quelli di famiglie e imprese. Vediamo perché.
Il freno tedesco
Lo statuto della Bce pone alla banca come obiettivo principale quello di contenere l'inflazione, cioè evitare che i prezzi al consumo crescono oltre un determinato tasso annuo (il 2%). L'imprinting tedesco (la Germania dai tempi di Weimar vive nel terrore dell'iperinflazione) ha condizionato molto la tempistica degli interventi dell'Eurotower. Sarebbe ingiusto definire «tardivi» gli interventi di Mario Draghi e del suo predecessore Jean-Claude Trichet (dal 2008 a oggi i tassi sono passati dal 4,25 allo 0,25% per frenare la crisi), ma è indubbio che, con maggiore libertà di manovra, forse sarebbero stati più veloci. Non a caso Draghi ha giustificato il taglio della settimana scorsa con il timore che inizi la deflazione (cioè che i prezzi comincino a diminuire progressivamente). Un taglio del costo del denaro in un clima di recessione (in Italia il Pil decresce da 9 trimestri consecutivi) produce pochi effetti. La Fed americana, invece, è stata sicuramente più tempestiva e, non dovendosi preoccupare dell'inflazione, ha accelerato la ripresa economica.
Il mercato globale
Come testimonia il grafico in pagina, i tassi ufficiali della Bce e il mercato dei mutui in Europa non sempre viaggiano su binari paralleli. Un finanziamento per acquistare casa si basa sull'Irs, ossia il tasso al quale le banche europee quotidianamente scambiano tra loro opzioni sui tassi di interesse. L'Irs, storicamente, si tiene circa 200 punti base (il 2% in più) più alto del tasso Bce. Se le Borse vanno male, come nel 2012, il differenziale si restringe. Ma se l'andamento dei mercati è positivo, come di recente, anche l'Irs tende a salire, indipendentemente dalle azioni di Francoforte.
Il cittadino viene dopo
Se l'obiettivo della Bce è garantire il corretto funzionamento del mercato monetario, non ci si può attendere che le sue azioni possano essere finalizzate ad altro. La Fed americana, ad esempio, fermerà i suoi acquisti di bond da 85 miliardi al mese solo quando la situazione occupazionale Usa migliorerà considerevolmente. A Francoforte, invece, ci si è preoccupati essenzialmente di sostenere l'operatività del mercato dei titoli sovrani. È stato fatto con gli acquisti di titoli italiani e spagnoli nella tempesta del 2011 ed è stato ribadito con l'Omt, il bazooka «salva-euro» che garantisce i bond sovrani in caso di nuove tempeste. Lo stesso finanziamento a lungo termine (3 anni) da 1.000 miliardi alle banche europee garantiva comunque gli approvvigionamenti di liquidità per operare sul mercato. Godendo di risorse a basso costo per un orizzonte ristretto, le banche italiane hanno acquistato Btp (400 miliardi in pancia a fine giugno), se non altro garantendo allo Stato risorse per pagare gli stipendi. Inoltre, non va trascurato che il grosso del denaro preso a prestito dalla Bce gli istituti lo hanno ottenuto portando obbligazioni (sovrane e bancarie). I pacchetti di finanziamenti (mutui, prestiti, ecc.) sono accettati previo severo scrutinio. Altra musica a Washington dove si riacquistano i mutui immobiliari proprio per sostenere il mercato della casa. Dall'altra parte dell'Oceano, invece, non è accaduta la stessa cosa.
L'effetto spread
Tra il 2,7% circa del tasso Irs e il costo di un mutuo ventennale ballano circa 300 punti base (il 3%). È l'effetto dello spread: se l'Italia deve offrire un maggior rendimento rispetto al Bund tedesco per farsi comprare i Btp, anche le banche italiane devono pagare di più se vogliono comperare denaro.
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