La Virgin Atlantic è una compagnia aerea britannica. Avendone la possibilità, prenotate al più presto un volo sulle rotte intercontinentali. Potrete godere, primi al mondo, del sommo piacere di accendere in volo il vostro telefono cellulare e di parlare, parlare, farvi chiamare, dialogare, fare tutto quello che finora era e, per altre compagnie, è severamente proibito. L'annuncio gaudioso eccita il popolo dei passeggeri business, aull'Airbus A 330 da New York a Londra si celebrerà l'evento con lo champagne e una serie di trilli oceanici.
Liberi tutti, fatta eccezione per il decollo e l'atterraggio o entro le duecento duecentocinquanta miglia dello spazio aereo statunitense, è un'altra vita, si fa per dire, al diavolo le interferenze con le strumentazioni di bordo, le schermature proteggono il velivolo, nessun pericolo di vuoto d'aria stimolato, anche se qualche cialtrone già sospetta che il fulmine che ha colpito l'aereo di Hollande in volo verso la Germania abbia interrotto perfidamente un colloquio, sullo spread tedesco, tra François e il predecessore, Nicolas. Comunque il regolamento della Virgin prevede che si possa telefonare al massimo in dieci per volta, calma a bordo, mettersi in coda, in senso buono.
Dunque prepariamoci ad una nuova lista di attesa, ufficio prenotazioni per le chiamate, ma nulla si sa, per il momento, su chi potrà decidere le telefonate in arrivo. L'hostess? Lo steward? Il comandante?
In verità il problema agghiacciante è un altro. Il tono della voce. Dieci passeggeri che parlano in contemporanea, in uno spazio così ristretto, possono creare turbative più che interferenze, dipende dalla lingua e dall'educazione. Si potrebbe ipotizzare una saggia distribuzione delle chiamate, un paio nelle prime file, poi a scalare gli altri, da sempre costretti a subire il secondo o il terzo giro dello snack precotto e del free shop. Ma chi controllerà i decibel dei passeggeri al telefono?
Chi avrà voglia di leggere un libro, di unire i puntini dall'1 al 42, di risolvere i quesiti della Susy, di ronfare con il capo chino sul cuscino, o di pregare tutti i santi per cacciar via la tensione del volo, dovrà subire, per colpa della Virgin, non Maria ma Atlantic, l'audio e il video del vicino di posto che strilla in yankee-afro-ispano-italiano-franco-crucco. Comunicazioni di servizio «sto arrivando», altre di circostanza «che tempo fa da voi?», di idiozia: «cado dalle nuvole», di humor inglese «sono al settimo cielo», tutta roba che già subiamo in treno e all'interno della zona toilette di un autogrill, sempre con quel tono da venditori ambulanti di pentole e ortaggi o, per meglio dire, di ospiti televisivi, laddove, ormai, non si parla, non si mormora come il Piave, ma si strilla, si urla, per farsi conoscere e riconoscere. Nella stessa giornata di ieri un altro annuncio, sempre nel settore telefonia e affini, potrebbe provocare eccitazioni.
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