La teleselezione del reato

In Italia i famosi "due pesi e due misure" sono una pratica consolidata. Talmente consolidata da non scandalizzare più nessuno

La teleselezione del reato

Senza malanimo né spirito polemico, vorremmo valutare la vicenda in cui è stata coinvolta Anna Maria Cancellieri, ministro della Giustizia che ha caldeggiato l'uscita dalla prigione - con una telefonata alla Procura di Torino - di Giulia Maria Ligresti, arrestata nel quadro di un'inchiesta riguardante le aziende di famiglia. La quale Giulia Maria, in effetti, dopo l'intervento della Guardasigilli è stata scarcerata. Una coincidenza? Non disponiamo di elementi per rispondere. Un sospetto comunque è lecito.
A nostro parere, non è scorretto che il ministro della Giustizia si interessi delle condizioni di salute di una detenuta, sollecitando eventualmente le autorità a considerare se sia il caso di concederle la libertà. Dov'è allora il problema? Sta nel fatto che il figlio della signora Cancellieri è stato un dirigente delle imprese di Ligresti, da cui egli avrebbe di recente ricevuto una cospicua liquidazione. Si parla di milioni di euro. Di qui il dubbio che la telefonata del ministro non sia stata gratuita, ma determinata dal desiderio di aiutare gente amica. Ma è appunto soltanto un dubbio. Che, quand'anche fosse fondato, non configurerebbe un reato tale da costringere l'ex prefetto a dimettersi dal ruolo di responsabile del dicastero.
Ciò detto e sottolineato, e ribadendo la nostra stima per Anna Maria Cancellieri (alla quale bisogna riconoscere una certa sensibilità nei confronti dei detenuti, visto che si occupa di amnistia e indulto), occorre anche dire che, in altre occasioni e per incidenti analoghi, i magistrati si sono mobilitati con una severità che nella presente circostanza non si è riscontrata. Il riferimento a Silvio Berlusconi è inevitabile. Costui - come ha segnalato ieri mattina Alessandro Sallusti nel suo editoriale - è stato condannato a sette anni di reclusione per concussione, avendo fatto una telefonata alla Questura allo scopo di informare la polizia che di Ruby si sarebbe fatta carico Nicole Minetti, consigliere regionale (Lombardia).
Per i giudici il Cavaliere avrebbe intimidito i poliziotti al punto da costringerli ad agire secondo le proprie indicazioni e in contrasto con la prassi. E poiché gli stessi poliziotti hanno negato di esser stati concussi sono finiti nelle grane. Non sembra azzardato riscontrare fra i due episodi narrati una certa analogia. Due telefonate, due persone «raccomandate», due esiti giudiziari ben diversi. Giusto che la Cancellieri non sia perseguita per una sciocchezza del genere; ingiusto, invece, che all'ex premier sia stato riservato un trattamento da delinquente. Tra sette anni di galera e nulla, c'è una tale disparità di giudizio da suscitare non solo stupore, ma anche preoccupazione circa il presupposto, dato per buono, che «la legge è uguale per tutti». Uguale un corno.
Infatti non si può sostenere che con il ministro si sia esagerato in indulgenza, ma è obbligatorio concludere che, viceversa, con il Cavaliere si è esagerato in crudeltà. Tuttavia, assodato che Berlusconi è un simbolo che divide, accantoniamolo un attimo e proviamo a imbastire un ragionamento che lo escluda. Mettiamo che al posto del ministro Cancellieri fosse implicato in questa storia Angelino Alfano, il quale tra l'altro è stato un predecessore della signora. Siamo sicuri che lui la passerebbe liscia quanto lei? Figuriamoci. L'avrebbero già crocifisso. Interrogazioni parlamentari. Richieste di dimissioni. Raccolta di firme per sfiduciarlo. I media l'avrebbero trafitto con articoli acuminati. Qualsiasi programma televisivo sarebbe adesso impegnato a sputtanarlo.
D'altronde, chi ha una discreta memoria non avrà dimenticato quanto successo alcuni anni orsono a Sandro Bondi, ministro dei Beni culturali. Ci fu un crollo a Pompei, venne giù qualche mattone di un edificio mezzo diroccato, e immediatamente egli fu accusato di aver attentato al patrimonio storico italiano. L'opposizione si lanciò in una battaglia per cacciare l'improvvido ministro ritenuto un demolitore volontario di reperti archeologici di primaria importanza. Tutto questo non significa che abbiamo l'intenzione di lapidare la signora Cancellieri. Al contrario la difendiamo con forza.


Semplicemente siamo di fronte a una conferma: in Italia i famosi «due pesi e due misure» sono una pratica consolidata. Talmente consolidata da non scandalizzare più nessuno. Si accetta con rassegnazione, come la pioggia in autunno, che la destra sia sempre da condannare e la sinistra sempre da assolvere.

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