Il terrore entra in casa: violentata e rapinata mentre i figli dormono

RomaPedinata fino a casa, violentata, derubata. E minacciata. La cronaca di una nottata di straordinaria follia per Anna (il nome è di fantasia), 38enne romana, comincia dopo la chiusura del ristorante in cui lavora, domenica 3 marzo. Siamo a Montesacro, a nord est rispetto al centro della Capitale, e la donna dopo la solita, dura giornata tra i tavoli della trattoria, salta in sella al suo scooter per tornare a casa. Si ferma in un bar in viale Tirreno, cappuccino e sigarette prima di rientrare dai figli, che già dormono da un po'. Si accende una sigaretta accanto al motorino quando tre tipi, due gemelli italiani e un ragazzino straniero che potrebbe essere suo figlio, le si avvicinano. Con una dinamica che Anna conosce bene, un retaggio medievale, i tre cominciano a molestarla. Partono apprezzamenti, battute pesanti, richieste sessuali esplicite. Anna non si scompone più di tanto, quei tre li conosce anche, di vista: sono amici del suo ex. Li manda a quel paese, accende il motore dello scooter e fila verso casa. Poche centinaia di metri e arriva sotto il suo palazzo, attraversando strade deserte. Alle due di notte non c'è molta gente in giro. Ma mentre cerca nella borsa le chiavi di casa, Anna sente dei passi e alza gli occhi. Sono i tre balordi che l'hanno preceduta per tenderle un agguato. Terrorizzata, riesce a entrare nel portone, ma i suoi aggressori la seguono nell'androne, la immobilizzano, le prendono le chiavi, le tappano la bocca e la trascinano nel suo appartamento, non più rifugio ma prigione. Una scena da Arancia meccanica: uno dei gemelli e il minorenne buttano Anna sul divano, la minacciano, le intimano di star zitta, di non fiatare, le mettono le mani addosso, si abbassano i pantaloni. La donna, paralizzata, sa che vogliono mettere in pratica le oscene «promesse» fatte al bar. Ma ha un motivo di angoscia in più: in casa ci sono i suoi bambini, dormono con sua madre, e ha paura di ciò che potrebbe accadere se si svegliassero adesso.
Per completare lo sfregio, l'altro gemello già che c'è le fruga in borsa, prende il telefonino e comincia a saccheggiare casa, ruba il rubabile, va a zonzo per le stanze. Apre una porta e vede, nel letto, i due figli della donna con la nonna. «Filiamo», sibila ai due complici, che mollano la vittima e se la danno a gambe con la refurtiva. Anna sveglia la madre e, superato lo shock, decide che ha più voglia di giustizia che paura. Alza il telefono e chiama la polizia, denuncia la violenza e il furto, descrive gli aggressori e va in ospedale a curarsi per le botte prese mentre cercava di resistere ai tre balordi. Gli agenti cominciano la caccia all'uomo, ma per Anna la brutta storia non è finita. I gemelli e l'altro ragazzino vogliono che ritiri la denuncia, fanno pressioni. Una settimana dopo, per spaventarla e garantirsi l'impunità, tornano addirittura sotto casa della donna insieme a un altro minorenne straniero. Anna stavolta chiama subito la polizia, ma quando arrivano gli agenti non trovano più nessuno. Una volta di più, però, la determinazione della 38enne è decisiva. Descrive il «nuovo» membro della banda, e i poliziotti lo beccano mentre sale su un bus lì vicino. E scoprono l'identità dei tre che avevano aggredito la donna. Sanno chi sono, grazie ai racconti di Anna sanno anche che giri e che locali frequentano nel quartiere. Per qualche giorno, i tre restano «coperti» poi, pensando che le minacce avessero dato frutto, tornano in giro, sempre in branco. Ma hanno la polizia alle costole. Martedì una Volante li sorprende tutti e tre in una sala giochi di via Gorogona, a poche centinaia di metri dal bar dove la loro barbarie era cominciata. Ora i due gemelli - L.B. e M.B.

- sono in carcere, accusati come il ragazzino (indagato a piede libero) di rapina e di violenza sessuale. Puniti dal coraggio della loro vittima e dalla loro - errata - certezza dell'impunità: uno dei gemelli aveva ancora a casa il cellulare di Anna.

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