RomaOgni anno più della metà delle dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti italiani non riporta alcuna indicazione circa il destinatario dell'8 per mille, che può essere lo Stato o una confessione religiosa. Negli ultimi anni la percentuale di chi ha operato una scelta si è aggirata attorno al 43 per cento. Il restante 57 per cento del «montepremi» totale, pari a circa 1,1 miliardi di euro, però non è andato perduto, ma è stato ripartito tra i soggetti in proporzione alle indicazioni di chi ha operato la scelta, che in pratica ha deciso anche per gli ignavi.
Un sistema che non convince i Radicali, che ha inserito nel pacchetto dei 12 referendum per i quali stanno raccogliendo le firme un quesito per abrogare l'articolo 47 terzo comma della legge 222 del 20 maggio 1985 (quella che 28 anni fa istituì l'8 per mille) che stabilisce appunto che «in caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse».
L'idea è che sia più giusto che i soldi delle dichiarazioni dei redditi prive di indicazioni - un tesoretto da oltre seicento milioni l'anno - vengano indirizzati al bilancio dello Stato.
Una scelta laica. E vagamente anticlericale. Perché le cifre dicono che attualmente la gran parte del bottino va alla chiesa cattolica, la quale in base agli ultimi dati disponibili (quelli del 2010 relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2007) viene indicata dall'85 per cento di chi fa una scelta. In pratica la Conferenza episcopale italiana incassa mediamente ogni anno oltre 400 milioni da chi la sceglie (presumibilmente fedele) e oltre 500 da chi non sceglie (all'interno dei quali presumibilmente c'è di tutto: credenti ma anche distratti, indifferenti, agnostici, atei). Al secondo posto, molto indietro, c'è lo Stato, che viene indicato dall'11,95 per cento dei contribuenti consapevoli, e che quindi si vede devolvere meno di 150 milioni in tutto. Seguono le altre confessioni minori (nell'ordine Valdesi, comunità ebraica, Luterani, Avventisti del settimo giorno e assemblee di Dio in Italia) che tutte insieme superano di poco il 3 per cento delle indicazioni, ricavandone quindi oltre 30 milioni. C'è da dire che la scarsa preferenza per lo Stato è anche la conseguenza del fatto che questi non fa alcuna pubblicità e molti contribuenti ignorano la possibilità di «girare» i soldi a Palazzo Chigi, mentre le varie confessioni in tarda primavera inondano giornali e tv di inviti a devolvere loro l'8 per mille.
Attualmente sono nove le confessioni religiose che, in base a una intesa con lo Stato italiano, concorrono alla ripartizione dell'8 per mille. Alle sei già elencate si sono aggiunte tra il 2012 e il 2013 l'Unione cristiana evangelica battista, la Sacra arcidiocesi ortodossa e la Chiesa apostolica (i cosiddetti Pentecostali). Nei prossimi anni si aggiungeranno anche Buddisti e Induisti mentre ancora non è all'orizzonte l'8 per mille a una delle organizzazioni islamiche attive nel nostro Paese.
Nell'intesa che ogni organizzazione religiosa stipula con Roma sono indicati anche gli scopi ai quali possono essere destinati i soldi dell'Irpef, che va anche rendicontata. La Cei, ad esempio, per il 2011 ha destinato il 41,8 per cento della somma ottenuta (1.119 milioni dei quali 1.
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