Cronache

Il tesoro segreto dei potenti? Nascosto in cantina

Dalla Casa Bianca all'Eliseo sono migliaia le bottiglie di vini pregiati. Giurano: non paga il contribuente. Ma chi se la beve...

Il tesoro segreto dei potenti? Nascosto in cantina

Un ricevimento diplomatico. Una colazione ufficiale. Un pranzo di Stato. Tanti gli eventi politici che necessitano, oltre che del cibo giusto, anche del vino giusto. Scelta difficile che deve tener conto di gusto, occasione, provenienza e costo. Necessariamente le cantine dei palazzi del potere spaziano dalla «normale» bottiglia alla preziosa etichetta: piccoli tesoretti nazionali da gestire con cura e (dati i tempi) sobrietà.
Lo sanno i contribuenti britannici che ogni anno vengono edotti sulla situazione della «riserva enologica» del loro governo, con dati inerenti consistenza, consumo e approvvigionamenti. Inventariate in 61 pagine (con tanto di note di degustazione) le 37 mila bottiglie del Governement Hospitality - come scritto anche pochi giorni fa sul quotidiano The Indipendent - costituiscono una raccolta che potrebbe competere con quelle dei più noti ristoranti d'Europa. Vi figurano vere rarità come un Corton della maison Bouchard del 1961 (valutato 500 sterline e descritto come «tesoro nazionale da usare con estrema cautela e solo per capi di Stato») e un rarissimo Mersault Charmes del Domaine des Comtes Lafon accanto al quale c'è la raccomandazione: «Non stappare». La cantina è del tutto autofinanziata. «Lo scorso anno - ricorda un portavoce del Governo - 54 etichette di alto livello (fra cui un lotto di sei Chateau Latour valutato 20 mila sterline) sono state battute all'asta per un incasso di 63 mila sterline grazie alle quali si è provveduto a nuovi acquisti».
Ma a Londra c'è anche la cantina di Sua Maestà. Sono noti i gusti di Elisabetta II: più Champagne che bianchi fermi, e più Bordeaux che Borgogna in fatto di rossi. Si favoleggia che i sotterranei di Buckingham Palace conservino Haut-Brion e Margaux di annate altrove introvabili. Ma si sa che ci sono anche - in omaggio al Commonwealth - diversi vini di provenienza australiana e neozelandese.
Del tutto nazionalista è invece la selezione dell'Eliseo. Costruita con passione durante le presidenze di Giscard d'Estaing, Mitterand e Chirac, vive ora tempi difficili. Appena insediatosi, François Hollande è stato costretto a mettere all'asta 1200 bottiglie, ricavandone 300 mila euro: impiegati in parte per acquistare vini più modesti e per il rimanente versati nelle casse dello Stato.
La cantina del Quirinale non pare altrettanto ben assortita. Oltre Luigi Einaudi solo Carlo Azeglio Ciampi ha mostrato attenzione a questo tema. Amante di rossi strutturati ha rifornito la Presidenza della Repubblica di vini toscani e piemontesi, fra cui gli amati Barbaresco di Angelo Gaja. Passione, quella per i grandi rossi, che Ciampi condivide con Silvio Berlusconi. Ma l'ex premier ama molto anche il Franciacorta, tanto da utilizzare Annamaria Clementi Ca' del Bosco (vetta della produzione spumantistica italiana) per il brindisi fra Putin e Bush in occasione dello storico accordo Nato-Russia del 2002 a Pratica di Mare.
A scelte differenti sono improntate le selezioni del Cremlino e della Casa Bianca. Se, fino a Gorbaciov, i presidenti dell'Urss bevevano solo vini georgiani, note sono le preferenze di Putin per le grandi bottiglie francesi, fra cui lo Champagne Cristal, cuvée elaborata dalla Roederer nel 1867 per gli zar. Molto vasta è la cantina della Presidenza statunitense. Inaugurata nel 1802 da Thomas Jefferson visse alterne vicende durante il XIX secolo. Del Novecento si ricordano il consumo smodato di Champagne da parte di Franklin D. Roosevelt, l'amore di John Kennedy per le etichette più blasonate, la preferenza di Nixon per i Riesling della Mosella e lo Chateau Margaux. Fu Ronald Reagan il primo a introdurre alla Casa Bianca i vini della California, facendo servire, durante un pranzo di Stato, uno Zinfandel vendemmiato a Napa Valley. Successivamente eliminò tutti i vini stranieri, riassortendo la cantina con prodotti nazionali.

Una strada seguita con convinzione anche da Clinton (che ama i vini bianchi, Chardonnay su tutti) e da Barack Obama (che invece predilige i rossi da uve Cabernet Sauvignon).

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