di Maurizio Caverzan
Adottare un figlio è una sorta di corsa a ostacoli nella quale a ogni salto lasticella si alza un pochino. Bisogna essere molto motivati per arrivare al traguardo. Perché è come se a ogni ostacolo dovessi ribadire e consolidare la tua volontà di diventare un genitore adottivo. Ma quando lo si taglia, quel traguardo, si è ripagati allennesima potenza dellimpegno profuso nel percorso. Non ho esperienza diretta di paternità naturale avendo adottato in Brasile, in tempi diversi, entrambi i miei figli ora maggiorenni. E dunque non sono in grado di fare paragoni. Certamente, quando torni a casa con un figlio che trovi già fatto, sei una persona diversa da quella che, magari due anni prima, ha risposto al questionario del Tribunale dei minori per avviare la richiesta di adozione. Ai tempi in cui lho fatto io, i costi erano pure alti, ma non proibitivi come documenta la ricerca appena pubblicata dalla Bocconi. Anche allora esistevano associazioni che chiedevano in partenza un esborso elevato di denaro. Ma altre, sempre registrate al Cea (Coordinamento enti autorizzati), consentivano un iter meno dispendioso. Dovevi però farti carico autonomamente di parte della burocrazia necessaria. Della complessa documentazione da spedire nel Paese scelto per ladozione. Dei permessi, dei visti, dei rapporti con lambasciata. Ma quando i documenti partivano per la destinazione, allora voleva dire che cera un bambino (senza genitori) ad aspettarti. Una creatura con la quale sarebbe iniziata una vita nuova, per tutti. In un momento tanto difficile per i bilanci delle famiglie, il forte impegno economico diventa una ulteriore strettoia in un percorso già di suo assai complesso. Dice Attilio Gugiatti, coordinatore della ricerca: «Rispetto ad altri Paesi, la situazione italiana vede un numero di organismi operanti superiore, mentre manca un organismo pubblico che operi sullintero territorio nazionale».
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